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Città cinesi: dove investire?

Città cinesi: dove investire?

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Dato il vasto territorio e le diverse velocità a cui si sviluppa il paese, non è sempre facile per le aziende straniere stabilire in quali città cinesi in particolare investire.

SOMMARIO

Una prima classificazione delle città cinesi

In cinese basta aggiungere ad un nome il carattere finale 市 shi per designare una “città”. Ma, così come la megalopoli Pechino è 北京市 Beijing shi, anche Shangri-la, una contea di poco più di 100.000 abitanti arroccata sui monti dello Yunnan, si definisce allo stesso modo. Oltre alla denominazione, le città cinesi sono determinate da uno status amministrativo che rispecchia le loro dimensioni, la popolazione e la rilevanza politica.

La giurisdizione territoriale del paese si dirama in una gerarchia su 5 livelli (级 ji): le province (省 sheng); le prefetture (地 di); le contee (县 xian); i comuni (乡 xiang) e i villaggi (庄 zhuang). Così, quando si parla di “città” ci si potrebbe riferire a enti amministrativi ascrivibili al primo, al secondo e al terzo livello, con una giurisdizione anche molto diversa. Nel 2020, la Cina conta 686 città.

Al primo livello di provincia ci sono le 4 municipalità direttamente controllate dal governo (直辖市 zhixiashi) – Pechino, Tianjin, Shanghai e Chongqing – e le 2 regioni amministrative speciali (特别行政区 tebie xingzhengqu), Hong Kong e Macao. Poi ci sono 15 città sub-provinciali (副省级行政区, fùshĕngjí xíngzhèngqū), simili alle prefetture ma con maggiore autonomia. Si tratta di grandi capoluoghi di provincia come Xi’an, Wuhan, Hangzhou, Guangzhou, etc. Infine, al secondo e al terzo livello, ci sono 278 città – prefetture (地级市 dijishi) e 387 città – contee (县级市 xianjishi).

Città di prima, seconda e terza fascia: il “Chinese City Tier System”

La classificazione politica delle città cinesi è il punto di partenza per un’altra suddivisione più immediata e utile dal punto di vista del mercato: il “Chinese City Tier System” (中国城市等级制 zhongguo chengshi dengjizhi). Questo sistema di fasce (generalmente da 4 a 6) ripartisce le città cinesi in una gerarchia. Le più popolose, sviluppate, sofisticate e influenti occupano le prime fasce; quelle di dimensioni minori, con un costo della vita più basso, per lo più rurali e con un grande potenziale di crescita, le ultime.

Non esiste una lista ufficiale di questa catalogazione, che può quindi variare a seconda dei criteri utilizzati e del bacino di città prese in considerazione. Addirittura, anche la presenza di marchi occidentali rilevanti può pesare nella classificazione delle città cinesi. Così, a seconda di quanti Starbucks ospitano nei loro centri, queste rientrano nell’una o nell’altra fascia. Le classificazioni più recenti e autorevoli sono quelle condotte da South China Morning Post (2016) e da Yicai Global (2017).

La prima considera 613 città, ai livelli municipale, sub-provinciale, di prefettura e di contea, e utilizza tre criteri: GDP, livello politico-amministrativo e popolazione. Ne risultano quattro fasce, dove la prima comprende Pechino, Tianjin, Shanghai, Guangzhou e Chongqing.  

South China Morning Post classifica le città cinesi in 4 “Tiers”, secondo i criteri di GDP, livello politico-amministrativo e popolazione

La seconda (Yicai Global, 2017) considera 338 città, appartenenti solo ai primi due livelli amministrativi (municipalità e prefetture), e sei fasce. I cinque criteri utilizzati sono: concentrazione di risorse commerciali, rilevanza della città come hub commerciale, vitalità dei residenti urbani, varietà di stili di vita, dinamismo futuro. Secondo quest’indagine, sono in prima fascia Pechino, Shanghai, Guangzhou e Shenzhen. Seguono 15 città di “nuova prima fascia” (New Tier One), come Chengdu, Guangzhou, Wuhan, Chongqing, Nanchino, Tianjin, Xi’an, etc., che si classificano meglio di quelle di seconda fascia perché particolarmente emergenti.

I negozi Starbucks distribuiti sul territorio si concentrano sulla costa orientale e nelle grandi città cinesi. (Retailnews.Asia)

Un solo paese, tanti mercati: perché guardare alla seconda fascia

Il “City tier system” può essere una classificazione un po’ riduttiva e arbitraria, ma chiarisce una situazione contro la quale si sono scontrati molti investitori stranieri nell’approcciare il paese: la Cina non può essere considerata un mercato omogeneo.

La geografia, la politica e la storia della crescita economica cinese hanno fatto sì che Shanghai abbia una popolazione simile a quella dell’intera Australia e un GDP alla pari di uno stato come le Filippine. Allo stesso tempo, la maggior parte della popolazione urbana cinese vive in città di terza, quarta e quinta fascia. Queste, infatti, pur essendo meno popolose, sono anche le più numerose sul territorio.

Le fasce consentono agli imprenditori stranieri di avere una visione d’insieme semplice e veloce dei tanti mercati che coesistono in un solo paese e di scegliere dove investire con strategie di ingresso o di espansione più consapevoli nelle città cinesi più indicate.

Le città cinesi di seconda e terza fascia sono un mercato in espansione e pertanto costituiscono delle interessanti opportunità in cui investire. I costi infatti sono inferiori e c’è meno competizione rispetto alle città della prima fascia, ormai sature. Allo stesso tempo, la classe media cresce, attirata anche da un costo della vita meno proibitivo, e costituisce un gruppo di consumatori sempre più disposti a spendere.

Rischi e costi delle fasce più basse

Soprattutto nelle città delle fasce inferiori, come la terza e la quarta, certi business possono incorrere in maggiori rischi e costi. Consumatori poco abituati ad alcuni prodotti, infatti, richiedono tempo ed educazione da parte dell’azienda.

Come dice Andrew Cameron, Senior Client Manager per The Silk Initiative (società di consulenza per aziende F&B): “A coffee brand in a Tier 1 city like Shanghai does not need to sell the idea of a coffee shop to consumers, as there is already a Starbucks store at every corner of the city. However, the same coffee shop entering a lower-tier city such as Urumqi, may be required to sell the product and the experience of consuming coffee, as well as the brand itself.”

Infine, il report “Chinese cities of opportunities 2019” (China Development Research Foundation), nella sezione “Ease of doing business” presenta Hong Kong al primo posto. Infatti, oltre ad essere un polo finanziario e un porto commerciale di importanza internazionale, Hong Kong consente agli imprenditori di operare in un contesto normativo ben consolidato che riduce la probabilità di controversie, al contrario di molte città della Cina continentale.

Xiamen e Ningbo si classificano al secondo e al terzo posto come città in cui investire, per variabili come convenienza, efficienza logistica e interdipendenza con il commercio estero. Hangzhou e Shenzhen, culla dei giganti tecnologici Alibaba e Tencent, spiccano per innovazione, diventando il punto di riferimento per le startup.  

Conclusione

Il “City tier system” cinese è ormai un sistema noto per classificare in modo rapido quali siano i “mercati cinesi”, permettendo di identificare le città più indicate dove investire. Tuttavia, si tratta di una classificazione non ufficiale, che si evolve nel tempo e deve essere interpretata rispetto alle esigenze dell’azienda.

Alla base della classificazione ci sono due elementi fondamentali: quali sono le città prese in considerazione e quali sono i criteri utilizzati per stilare questo ranking. A monte, bisogna anche capire cosa si intende per “città”, quando si guarda alla Cina.



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Fonti

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