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COVID-19: Il popolo cinese mobilitato nella guerra al Coronavirus

COVID-19: Il popolo cinese mobilitato nella guerra al Coronavirus

coronavirus popolo cinese

È passato più di un mese da quando le autorità cinesi hanno sancito, il 25 gennaio scorso, l’isolamento di 18 città dello Hubei, per un totale di 56 milioni di abitanti. Contestualmente, hanno mobilitato il popolo cinese a contenere il contagio del Coronavirus, in una sorta di “guerra al virus”. 

SOMMARIO

Mobilitazione di massa e sofferenza collettiva

La guerra contro il COVID-19, il nuovo Coronavirus emerso nella città cinese di Wuhan nel Dicembre 2019, è entrata a far parte della vita di tutti i cittadini cinesi, chiamati ad aumentare norme igieniche di base e a rispettare tassativamente restrizioni alla vita sociale, in certi casi particolarmente drastiche. L’epidemia ha superato i confini degli Stati ed è stata dichiarata dall’OMS un’emergenza globale (30 Gennaio 2020). E la popolazione cinese la fronteggia come un unico corpo coordinato secondo le direttive del governo centrale.

L’identificazione del virus come un nemico comune, contro il quale il popolo deve agire compatto, fa parte di una strategia di mobilitazione di massa risalente alla Cina Maoista. Per certi versi, questo approccio si è dimostrato efficiente nell’arginare il contagio in un paese tanto popoloso. Tuttavia, per altri, non contempla altre interpretazioni ed è strumentale a creare un’unica versione dei fatti nell’immaginario collettivo. 

Motto della partecipazione collettiva alla sofferenza è l’incitamento “Wuhan jiayou!” (Forza Wuhan!). Lanciato dai palazzi di una Wuhan bloccata e surreale, è diventato virale in tutto il mondo, facendo leva sulla componente emotiva della guerra al virus.

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I comitati di quartiere hanno allestito in certi casi check-point all’ingresso dei blocchi residenziali per tracciare i movimenti di chi vi abita e misurare la temperatura a chi entra. (Quartz, 28-02-2020)

Accentramento e decentralizzazione

L’aspetto operativo della mobilitazione, che riguarda il controllo e la prevenzione del contagio, viene delegato dal governo alle autorità locali, fino ai comitati di quartiere. Agendo come “interfaccia” tra il cittadino e le direttive statali, i cosiddetti “grid workers” fanno parte di un sistema diffuso su tutto il territorio cinese a partire dal 2015, il “grid-style social management system”. Questo sistema di controllo “a griglia” implica la divisione del territorio in piccole sezioni, assegnate ad alcuni cittadini preposti a riportare le informazioni alle autorità.

I “grid workers” hanno avuto un ruolo centrale nell’arginare in prima linea la diffusione del nuovo Coronavirus, “lavorando come migliaia di fili intrecciati in una rete che salvaguarda 650.000 comunità urbane e rurali attraverso il paese” (Xinhua Net).

Nella guerra al virus, il governo combina l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, a sistemi di monitoraggio ben più “analogici”, ovvero le persone normali, i 老百姓 laobaixing. Questa forma di controllo capillare implica che certi cittadini detengano un potere gestionale straordinario. In alcuni casi il senso del dovere è sfociato in abusi di intransigenza e severità, con l’intento di “stanare” chi non sta al suo posto.   

L’eroe della porta accanto

Insieme ai cittadini impegnati nei comitati di quartiere, i medici e tutto il personale sanitario sono diventati, secondo la narrativa mainstream, veri e propri eroi della porta accanto. I media governativi si soffermano lungamente sugli gli sforzi e i sacrifici dei dottori negli ospedali. Essi vengono immortalati con i volti segnati dalle mascherine e impegnati in videochiamate struggenti con i famigliari lontani.

Questi modelli estremamente umani sono altrettanto importanti nella collettivizzazione del dolore. Sono persone normali, ma al tempo stesso eroici protagonisti nella missione contro il nemico-Coronavirus. Tra loro figura anche l’oculista “whistle-blower” Li Wenliang. Tra i primi a lanciare l’allarme in una chat di colleghi, Li subì l’ostruzionismo governativo e addirittura una condanna per disturbo all’ordine sociale.

La sua morte, avvenuta a causa di quella polmonite che egli perspicacemente giudicò simile alla Sars, è stata raccontata dai media statali come quella di uno dei tanti medici-martiri da commemorare. Rimane ai margini, in questa straordinaria epica del cittadino qualunque, l’indignazione per l’imbavagliamento statale delle voci fuori dal coro, neutralizzate prima che il virus del malcontento si propaghi nel tessuto sociale.

In conclusione…

Mentre negli ospedali e nei laboratori si cerca una risposta medica al Coronavirus, la popolazione cinese risponde al contagio mobilitandosi affinché tutti rispettino le direttive statali. Nella gestione operativa della mobilitazione, i “grid-workers” giocano un ruolo fondamentale e sono stati investiti di poteri di controllo straordinari; nel dar vita a una narrazione comunitaria della “guerra al virus”, i medici-eroi diventano modelli in cui identificarsi, in una società costretta ad affrontare sfide sempre più grandi.



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