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Belt and Road Initiative: gli interessi degli attori coinvolti

Belt and Road Initiative: gli interessi degli attori coinvolti

Belt and Road Initiative - strada di Pechino

È difficile, ma può darsi che tu non abbia ancora sentito parlare di Belt and Road Initiative (BRI), di One Belt One Road (OBOR) o di Nuova Via della Seta. Se così fosse potresti leggere questo articolo che spiega in breve di cosa si tratta.

SOMMARIO

Il MoU firmato dall’Italia

La Belt and Road Initiative è un enorme progetto infrastrutturale, lanciato nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping, che punta a collegare via terra e via mare il continente euroasiatico, l’Africa e il Medio Oriente. A questo hanno aderito finora più di 130 paesi di tutto il mondo, allargando il progetto perfino all’America latina.

Nel marzo 2019, il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio ha firmato il Memorandum d’Intesa con la Cina sulla Belt and Road Initiative in occasione della visita di Xi Jinping in Italia come prima tappa del suo tour europeo. La notizia ebbe una particolare risonanza mediatica in quanto, così facendo, l’Italia diventava il primo paese membro del G7 ad entrare a far parte dell’iniziativa cinese.

Oltre all’esultanza cinese per l’importante successo diplomatico e all’entusiasmo per i possibili risvolti economici, non mancarono però le critiche. Per primo, il segretario di stato statunitense Mike Pompeo volle ricordare all’Italia la necessità di rispettare gli accordi presi con il Patto Atlantico e si disse preoccupato per il rischio che l’Italia cadesse nella cosiddetta “trappola del debito”. Altre voci di dissenso si levarono dall’Europa, che chiedeva più coordinamento nei rapporti con Pechino.

L’intento di questo articolo è perciò di fare un po’ di chiarezza su una questione estremamente complessa come quella della Belt and Road Initiative. Per farlo riassumiamo le posizioni e gli interessi dei vari attori internazionali rispetto all’iniziativa.

Belt and Road Initiative e i rapporti bilaterali con gli altri stati

Dino Gavinelli, docente dell’Università degli studi di Milano, per descrivere i rapporti tra la Cina e gli altri paesi usa una metafora. Descrive la Cina come un sultano ottomano con tante mogli e tante concubine che ogni notte decide con quale accoppiarsi. Aggiunge poi che, come accade tra le donne del sultano, anche tra i paesi che si contendono le attenzioni della Cina si creano atteggiamenti di “gelosia”.

Questa metafora può aiutarci a comprendere meglio la natura delle relazioni diplomatiche che la Cina intraprende con gli altri paesi coinvolti e la ragione per cui sia stata messa in dubbio l’effettiva volontà di non ingerenza della Cina. Nella pratica è infatti difficile pensare che i rapporti bilaterali con il colosso cinese possano essere paritari. Pechino promuove il progetto come un’iniziativa atta a promuovere la fratellanza tra i popoli, sia la Cina sia gli altri paesi coinvolti sono mossi invece da enormi interessi economici.

La Russia e i paesi dell’Asia Centrale

Per prima, la Russia, che rappresenta il maggiore beneficiario degli investimenti cinesi, ha un rapporto ambiguo con il progetto cinese. Se da un lato ha forti interessi economici come principale esportatore di idrocarburi verso la Cina, dall’altro la Belt and Road Initiative indebolisce il monopolio russo sui trasporti terrestri tra occidente e oriente. La Russia rappresenta infatti la via più rapida per raggiungere l’Europa via terra, senza dover attraversare altre nazioni, e l’apertura di nuovi corridoi terrestri potrebbe ridurre la sua influenza. Inoltre, non vede di buon occhio nemmeno l’interessamento della Cina ai paesi dell’Asia centrale, tradizionalmente considerati come il “giardino di casa”.

I paesi dell’Asia centrale hanno invece dimostrato sin da subito grande entusiasmo nell’accogliere la proposta di Pechino. I loro interessi sono legati al transito delle merci e all’aumento dei traffici commerciali. Anche per la Cina l’alleanza con i paesi di quest’area è altamente strategica, principalmente per ragioni di stabilità territoriale e approvvigionamento energetico. Non a caso è proprio ad Astana, la capitale del Kazakistan, che il presidente Xi ha deciso di presentare per la prima volta il progetto One Belt One Road.

L’Europa

I paesi europei hanno interessi diversi. Tendenzialmente i paesi dell’est Europa sono attratti dall’iniziativa per ricevere da Pechino le infrastrutture necessarie al loro sviluppo. Invece, i paesi dell’Europa occidentale vedono nella Belt and Road una possibile spinta per far ripartire le loro economie stagnanti. Unione Europea e Cina non hanno ancora trovato un accordo, in particolare l’UE chiede pari condizioni nell’accesso ai rispettivi mercati e alza dubbi in merito al rispetto dei diritti umani.

L’Africa

Infine, i paesi dell’Africa già da tempo collaborano con la Cina, che offre un’alternativa di sviluppo a quella occidentale; anche l’immagine cinese di ex paese del terzo mondo diventato potenza mondiale esercita una forte attrattiva. Questi paesi ripongono le loro speranze nella Via della Seta Marittima. Tuttavia, fenomeni di land grabbing di cui la Cina è stata più volte tacciata e l’utilizzo di manodopera cinese piuttosto di quella locale fa pensare ad atteggiamenti neocoloniali. C’è poi la preoccupazione che i paesi africani non siano in grado di ripagare i finanziamenti ricevuti per finanziare il progetto. Questo li porterebbe ad incappare nella trappola del debito e a perdere parte della loro sovranità.

Gli interessi della Cina: approvvigionamento energetico, mercati di sbocco e stabilità dei confini

Gli interessi cinesi sono essenzialmente riassumibili in tre punti fondamentali: l’approvvigionamento energetico, nuovi mercati di sbocco per le sue merci e la stabilità dei territori di confine.

Europa, il punto di arrivo della Belt and Road Initiative

Per quanto riguarda la necessità di nuovi mercati di sbocco per le sue merci, la Cina è particolarmente interessata a raggiungere l’Europa, che rappresenta il suo contraltare naturale in termini di popolazione e superficie territoriale.

Cina, un paese affamato di risorse energetiche

Il rapido sviluppo che ha portato la Cina ad essere considerata la fabbrica del mondo, l’ha anche resa un paese estremamente energivoro. Oggi, infatti, è diventata il primo paese importatore al mondo di petrolio e, più in generale, di idrocarburi. Il tema dell’approvvigionamento energetico è ancora più sensibile per la Cina perché dipende per l’80 per cento dal trasporto marittimo; ciò rende il paese particolarmente vulnerabile soprattutto nei confronti degli Stati Uniti, potenza marittima indiscussa a livello globale.

Per tutelarsi, la Cina ha innanzitutto cercato di differenziare le fonti di approvvigionamento, cercando, dove possibile, di prediligere il trasporto via terra. Via mare, la Cina prosegue nella politica cosiddetta “collana di perle”, che consiste nell’istituire basi commerciali lungo le coste dell’oceano Indiano. Ciò ha lo scopo di rendere più brevi e sicuri i trasporti, anche trasformando alcune di queste “perle” in hub energetici. Qui le navi metaniere e petroliere convergono per poi inviare le risorse energetiche in Cina via terra attraverso gasdotti e oleodotti.

La questione della stabilità dei confini e lo Xinjiang

La questione della stabilità dei confini è molto complicata e strettamente legata alla questione dello Xinjiang. Questa regione cinese, il cui nome letteralmente significa “nuovo confine”, è particolarmente rilevante per la Cina; è infatti lo snodo principale da cui partono i vari corridoi della Belt and Road.

Come altre province interne la regione è tra le più arretrate; inoltre ci sono anche problemi legati alla gestione delle minoranze etniche e al terrorismo, che fanno sì che oggi la regione sia altamente militarizzata. Una delle strategie che la Cina adotta per stabilizzare i territori è la diffusione di benessere economico. In tal senso il governo ha stanziato ingenti fondi per lo sviluppo delle province interne più arretrate.

Stati Uniti, India, Giappone e Australia: i paesi contrari alla Belt and Road

Dopo l’uscita degli Stati Uniti dalla Trans Pacific Partnership per volontà del presidente Trump, Washington ha rilanciato con India, Giappone e Australia il Dialogo Quadrilaterale di Sicurezza (Quad) con l’obbiettivo di contenere l’ascesa cinese nell’Indopacifico. I motivi sono di varia natura: gli Stati Uniti puntano a mantenere inalterato il dominio sui mari, inoltre corridoi terrestri come ad esempio quello Cina-Mongolia-Russia sono di grande importanza strategica perché completamente esterni all’influenza americana; l’India invece ha delle questioni territoriali irrisolte con la Cina legate al Pakistan.

Pochi giorni fa la Cina ha firmato con Giappone, Australia e altri 12 paesi dell’est e sud-est asiatico l’accordo che segna la nascita del Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), il blocco commerciale più grande al mondo. La decisione di Giappone e Australia di aderire al trattato è molto particolare dati i loro rapporti con gli Stati Uniti. I due paesi non vogliono rinunciare ai vantaggi economici legati al mercato cinese. Il loro legame politico e militare con gli US rimane invece inalterato.



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Fonti:

  • La Belt and Road Initiative: la nuova Via della Seta e la Cina globale, Bertozzi Diego Angelo (2019), Imprimatur Srl
  • Le nuove Vie della Seta e il ruolo dell’Italia, Bressan Matteo e Savignoni Domitilla (a cura di) (2018), Pacini Editore
  • “One Belt One Road, “La riapertura delle Vie della Seta o un nuovo corso geopolitico per la Cina?”, Gavinelli Dino, in Geography textbooks
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