La moda in Cina: un mercato in rapida espansione
Il settore moda in Cina, tra luxury brand e fast fashion clothing brand, sta subendo una rapida espansione sostenuta dal potere di acquisto della Gen-Z. Oltre alla digitalizzazione, la Cina punta anche alla sostenibilità.
SOMMARIO
- Luxury brand in Cina
- I “Big Three” del fast fashion clothing
- E-commerce: come la crisi COVID-19 ha influenzato il consumo nel mercato della moda in Cina
- E-commerce e Gen Z
- Sostenibilità nella futura industria della moda
- L’impegno del Governo cinese
- L’interesse verso la sostenibilità da parte della società cinese
Luxury brand in Cina
A partire dagli anni 1980 ad oggi, la Cina è protagonista di uno straordinario sviluppo economico e sociale trainato da una serie di fattori in sinergia fra di loro. Tra questi vi sono la rapida urbanizzazione, il miglioramento del tenore di vita e l’espansione della classe media. Una delle conseguenze di ciò, è stato l’aumento anche del potere d’acquisto dei cinesi e soprattutto dei giovani. In particolare, si parla di Gen Z che ha una certa inclinazione per i cosiddetti luxury brand (come Louis Vuitton, Chanel, Gucci). I prodotti di lusso, mentre nel 1990 non erano accessibili a buona parte della popolazione cinese, oggigiorno sono molto apprezzati dai consumatori cinesi, che contribuiscono alla metà di tutte le vendite al dettaglio di lusso a livello globale.
I “Big Three” del fast fashion clothing
I luxury brand, tuttavia, hanno incontrato dei nuovi competitors sul mercato: i cosiddetti fast fashion clothing brand, come Zara (o più in generale il gruppo Inditex), Uniqlo e H&M. Attualmente, questi tre occupano importanti quote di mercato, divenendo molto popolari soprattutto tra le giovani e i giovani cinesi.
Lu Ge, Xuran Sun, Chenggang Li hanno condotto uno studio sui “Big Three” del Fast fashion clothing, dal titolo Performance Analysis of China’s Fast Fashion Clothing Market Based on SCP Model. Basandosi sul teorema SCP (Structure-Conduct-Performance), dallo studio emerge che la forza dei tre marchi risiede prima di tutto nella differenziazione dei loro prodotti, permettendo loro di distinguersi in modo significativo da altri marchi simili. Da questo ne scaturisce il vantaggio comparato di ciascuno di questi brand inseriti nel mercato della moda in Cina.
Nel caso di Inditex si parla di una catena di approvvigionamento caratterizzata da spedizioni verticali e da brevi tempi di spedizione (una media di due settimane); H&M, invece, ha potenziato il rapporto tra il prezzo e il prodotto; Uniqlo ha adottato una “New Way”, dal tessuto dei vestiti, passando per lo studio della loro performance, dando vita allo stesso tempo a uno stile semplice e comodo.
Ma ciò che fa più gola ai consumatori cinesi è che l’industria dei fast fashion clothing è fortemente orientata ai costi, accompagnata da regolari sconti dei prezzi e promozioni speciali. Questo comportamento scatena inevitabilmente un maggiore consumismo, permettendo quindi alle aziende del settore di occupare le quote di mercato più rapidamente. Il comportamento del prezzo, in sostanza, è il principale mezzo competitivo nel mercato dell’industria del fast fashion clothing.
E-commerce: come la crisi COVID-19 ha influenzato il consumo nel mercato della moda in Cina
Indispensabile per la crescita dei brand all’interno del mercato della moda in Cina è l’ottimizzazione dei canali di vendita online, e quindi dell’uso strategico e costante della digitalizzazione. Infatti, oltre ad avere una propria base di shopping online, tali brand sono anche entrati nei flagship store dei big del tech cinesi come Tmall, Alibaba, Tencent e Baidu. Secondo quanto riportato da Yihan Ma su Statista, l’emergere del mercato dell’e-commerce cinese ha inaugurato una nuova era dell’economia del Paese. Nel 2019, il valore aggiunto dell’economia digitale ha rappresentato più di un terzo del suo PIL. Inoltre, le vendite tramite e-commerce in Cina hanno superato il totale combinato di Europa e Stati Uniti.
A seguito dello scoppio della pandemia di Covid-19, l’e-commerce è penetrato sempre di più nella vita dei cinesi, oltre che in quella di quasi tutti i cittadini del mondo. Secondo dati di giugno 2020, i consumatori cinesi che hanno fatto acquisti online sono stati oltre 749 milioni, un aumento di oltre 100 milioni rispetto all’anno precedente. E ancora, secondo il Ministero del Commercio Cinese, il fatturato della vendita al dettaglio online è cresciuto del 9,7% su base annua, totalizzando 8 trilioni di RMB (1,19 trilioni di USD) nei primi tre trimestri.
E-commerce e Gen Z
È evidente, dunque, che la vendita al dettaglio di brand di moda è permeata da una grande rivoluzione digitale. Ed è anche la clientela stessa che è completamente cambiata. Attualmente si parla, infatti, di Gen-Z, ovvero dei giovani centennials che oggi dispongono di condizioni finanziarie migliori rispetto alla generazione dei loro genitori.
Amy Fan, fondatrice di un forum sulla moda giovane chiamato Fashion Zoo, ha affermato che: “La cultura della moda viene riformata, poiché la generazione più giovane integra risorse online per plasmare una cultura dello stile di vita cinese unica”. Del resto anche Robert Butler, console economico presso il Consolato generale britannico a Shanghai, in un panel talk sulle tendenze sostenibili organizzato da Fashion Zoo nella città, ha sostenuto che: “I clienti qui (in Cina) sono più risvegliati. Le giovani generazioni sono native digitali e nel frattempo sono cittadini globali. Le aziende globali devono passare al digitale e offrire canali offline, in modo che le persone in Cina possano acquistare senza problemi. I tempi del branding inteso solo come marchio internazionale senza aderire alla concorrenza on/offline sono finiti da tempo “.
Sostenibilità nella futura industria della moda
Oggigiorno, oltre al termine digitalizzazione, è sempre più di uso comune quello di “sostenibilità”, un concetto che gioca un ruolo chiave all’interno delle società moderne. In particolare, in merito al discorso dell’industria della moda, si parla molto spesso di economia circolare.
Il report “Make Fashion Circular- Outlook for a New Textiles Economy in China”, ad opera della Ellen Mac Arthur Foundation, a cui hanno aderito una serie di esperti e di organizzazioni del settore tessile, chimico e ambientale e non solo, sottolinea che proprio l’economia circolare è indispensabile per la futura crescita economica di un Paese. Nel report viene indicato che, stando alle statistiche, l’economia circolare potrebbe creare vantaggi economici per un valore di 4,5 trilioni di dollari entro il 2030. Questo permetterebbe di mantenere il valore di risorse, materiali e prodotti quanto possibile e creare nuovo valore; la conseguenza di tutto ciò sarà quella di estendere la vita utile dei prodotti attraverso il riutilizzo, il rinnovamento, la rigenerazione e il riciclaggio.
Il report prende come esempio la Cina. Si stima che se l’economia circolare in tre aree chiave venisse implementata nelle città, il costo complessivo di accesso a beni e servizi potrebbe essere notevolmente ridotto. In aggiunta, circa 32 trilioni di RMB di spesa per prodotti e servizi di alta qualità possono essere salvati da imprese e famiglie entro il 2030.
L’impegno del Governo cinese
Ad appoggiare questo nuovo atteggiamento di consapevolezza sostenibile, vi è il Governo cinese stesso che intende creare una nuova era di costruzione di “civiltà ecologica”. Basti pensare che già nel XI Piano quinquennale (per il 2006-2010) venne inserito il concetto di economia circolare, per poi essere aggiornato, quest’ultimo, nel XII Piano quinquennale (2011-2015) e nel XIII Piano quinquennale (2016-2020). Inoltre, esistono anche leggi e regolamenti volti a tutelare il concetto di economia circolare. È il caso della “legge sulla promozione della produzione pulita” (implementata nel 2003 / rivista nel 2012); o anche la “legge sulla promozione dell’economia circolare” (emanata nel 2008 / rivista nel 2018).
L’interesse verso la sostenibilità da parte della società cinese
Attualmente la Cina può vantare la presenza di nuovi marchi nazionali sul proprio mercato della moda che danno valore ai principi dell’economia circolare e quindi della moda sostenibile. È il caso, ad esempio, di NEEMIC. Un marchio di alta moda, con sede a Pechino, i cui vestiti sono realizzati con materiali organici, eliminando tutti i prodotti artificiali dalla produzione agricola di fibre. Oppure Fake Natoo che crea vestiti utilizzando abiti scartati o tessuti donati, rendendola una linea davvero sostenibile. Infine, Shokay, un’impresa sociale che crea abiti utilizzando pelo di yak attraverso una partnership con pastori tibetani. Oltretutto, la stessa sta contribuendo attivamente allo sviluppo delle comunità nel Tibet occidentale.
L’impegno alla creazione di un’economia circolare efficiente, come è evidente, non riguarda solo le aziende di moda, ma anche le nuove generazioni. Le aziende hanno lanciato nuovi prodotti e servizi per soddisfare le esigenze dei consumatori. Hanno adottato, in altre parole, varie misure di marketing per coltivare una nuova generazione di giovani consumatori, fedeli all’immagine di sostenibilità del loro marchio. Ma questa è anche una strategia importante per i marchi di moda e le imprese per affrontare la recessione economica e la crescita lenta. Vale a dire, favorire l’accettazione di nuovi concetti di marca da parte delle nuove generazioni come strategia per ottenere un consumo continuo.
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Fonti:
- Heuritech
- Lu Ge, Xuran Sun, Chenggang Li (2019), “Performance Analysis of China’s Fast Fashion Clothing Market Based on SCP Model”, Open Journal of Business and Management.
- Daxue Consulting
- Statista
- Jingdaily
- MOFCOM
- CGTN
- Ellen Mac Arthur Foundation (2020), Make Fashion Circular- Outlook for a New Textiles Economy in China.