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Cina: calo demografico record e sfide per il futuro

Cina: calo demografico record e sfide per il futuro

calo demografico

La Cina, il paese più popoloso al mondo, chiude il 2019 con un calo demografico ai minimi storici. Il numero dei nuovi nati si arresta a 14,65 milioni, segnando un record negativo mai toccato prima a partire dalla fondazione della RPC nel 1949.

SOMMARIO:

La popolazione cinese all’alba del 2020

Il 2019 si chiude con 590.000 nascite in meno rispetto al 2018, nonostante da tre anni il governo abbia adottato una politica che consente ad ogni coppia di avere due figli invece che uno solo, come invece stabilito dalla precedente politica di pianificazione famigliare. A questo dato si aggiunge un rapido incremento della percentuale di popolazione anziana: gli over 65 costituiscono ben il 12,6% della popolazione totale, cifra destinata a crescere rapidamente secondo gli esperti, mettendo la Cina a rischio di “invecchiare” troppo precocemente rispetto al suo sviluppo economico.

A sostenere la popolazione improduttiva deve provvedere una forza lavoro ancora sostanziosa, ma anch’essa in calo demografico: secondo il National Bureau of Statistics, nel 2018 la popolazione in età lavorativa si è contratta per la prima volta dopo sessant’anni.

Nonostante l’apertura ai due figli, la popolazione cinese cresce a livelli sempre più bassi. I demografi stimano che nel 2028 entrerà in una fase di crescita negativa e comincerà a contrarsi, seguendo un trend inarrestabile. (New York Times)

Politiche di controllo demografico della RPC

La strabiliante crescita economica cinese ha avuto un impatto sostanziale nel calo demografico del paese: maggiori opportunità educative e professionali, nuove abitudini di consumo, norme sociali individualistiche e costi maggiori hanno portato le famiglie a volere meno figli, in linea con simili processi già avvenuti in tutti i paesi sviluppati. Tuttavia, questo calo è stato esacerbato da politiche di pianificazione famigliare particolarmente rigide e prolungate, un unicum a livello internazionale.

Le politiche di controllo demografico iniziano in Cina nel 1970, ma si inaspriscono con la cosiddetta “politica del figlio unico” nel 1980. Implementata capillarmente da un apparato burocratico molto articolato ed esteso sul territorio, questa drastica misura si scontra con ostruzionismo e malcontento, soprattutto nella Cina rurale. Coercizione e sofferenza sociale sono conseguenze della politica ben note, che spingeranno il governo ad allentare le restrizioni, concedendo una serie di eccezioni per un secondo figlio.

La politica viene definitivamente sostituita nel 2016, anche alla luce di un altro effetto collaterale grave che ha causato nel tempo. Il numero di maschi nati sotto la politica del figlio unico è infatti molto superiore a quello delle femmine, con un gap di circa 23 milioni di uomini in più rispetto alle donne. La causa di un “sex ratio at birth” così alto risiede nella tradizionale predilezione per il figlio maschio, portatore della linea famigliare, e quindi fortemente desiderato dai genitori. Soprattutto nelle campagne, aborti selettivi, abbandono e soppressione di bambine neonate sono stati un triste fenomeno diffuso.

Prospettive future

Tra le sfide che deve affrontare, il calo demografico potrebbe essere la più ardua per la Cina: i problemi strutturali della popolazione cinese hanno un impatto sul presente ma soprattutto sul futuro del paese, che non potrà più contare sull’enorme forza lavoro sulla quale ha basato la sua formidabile ascesa economica.

Gli obbiettivi della leadership politica dovranno concentrarsi in particolare sull’assistenza alla fascia dei pensionati e su un solido sistema di prevenzione sanitaria, su incentivi per le famiglie e misure concrete sul lavoro. Oltre a questi interventi, il risultato più difficile da perseguire per il governo sarà riuscire a smantellare quel modello famigliare e culturale da lui stesso fortemente e forzatamente imposto per più di trent’anni.   



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