Cina e commercio internazionale: che fine hanno fatto i container?
Durante un 2020 eccezionale per il commercio internazionale, era fisiologico che il movimento delle merci dalla Cina e nel mondo subisse forti shock che, ancora oggi, all’avvio dell’anno nuovo, stanno dando i loro effetti.
SOMMARIO:
- I recenti squilibri del commercio internazionale
- Il viaggio dei container
- Covid-19: cosa è successo al flusso di merci poco dopo lo scoppio della pandemia
- Oggi: quali sono le cause della carenza di container attuale
- Conclusione
I recenti squilibri del commercio internazionale
Lo scorso dicembre, gli esportatori indiani lamentavano una significativa scarsità di container nei porti del paese con una conseguente impennata dei costi di spedizione e una dilatazione dei tempi di prenotazione. Nello stesso periodo, un trasportatore incaricato di effettuare carichi dalla Cina verso l’Europa dichiarava: “Abbiamo dovuto navigare leggeri diverse volte di recente, perché semplicemente non ci sono abbastanza contenitori nei porti cinesi per riempire la nave.”
Per capire le cause della penuria di container in alcuni porti del mondo e, al contrario, dell’esubero degli stessi nei moli di altri paesi, è necessario capire quale sia l’origine di questo sbilanciamento che sta creando ingorghi al regolare commercio internazionale.
Alla base del commercio tra due paesi ci sono essenzialmente tre attori principali: l’importatore, l’esportatore e la compagnia di navigazione. Tuttavia, il processo in tutte le sue fasi è tutt’altro che semplice e prevede l’intervento di altre figure (spedizionieri, agenti di trasporto, personale portuale) e di molte procedure. Il viaggio del container, che costituisce la cosiddetta unità di trasporto intermodale (UTI), che è standardizzata ed equivale alla “cellula” del commercio internazionale, è la traccia da seguire per risolvere il mistero della scarsità che in questo periodo imperversa nei porti cinesi.
Il viaggio dei container
La tratta comincia dal magazzino dell’esportatore ed è inizialmente gestita da uno spedizioniere. Attraverso agenti locali, egli si occupa del primo spostamento su gomma, dal magazzino al porto di partenza. Una volta che il container è giunto al porto, un agente di trasporto esegue il controllo della documentazione, svolge le pratiche doganali, paga le tasse portuali e ritira la polizza di carico (bill of lading) dalla compagnia di navigazione. La polizza di carico rappresenta la merce e verrà poi spedita all’importatore per sdoganare il carico all’arrivo.
A questo punto il container viene caricato sulla nave e, a seconda di quale sarà il porto di destinazione, viene collocato in modo da permettere uno scarico il più rapido ed agevole possibile. Quando la nave giunge al porto di destinazione, comincia la procedura di scarico: l’importatore che detiene la bill of lading può ritirare la merce. Egli si serve dello spedizioniere per l’ultimo tratto di strada, dal porto di arrivo al suo magazzino.
Il container vuoto, quindi, torna alla compagnia di navigazione, che lo stiva in un terminal container. L’attività principale di un terminal container è il trasferimento delle unità di calcolo da una modalità di trasporto all’altra. Esso può essere marittimo, se è all’interno di un porto, o intermodale, se è nell’entroterra e serve i traffici su gomma e su rotaia.
Covid-19: cosa è successo al flusso di merci poco dopo lo scoppio della pandemia
Ad aprile 2020, il WTO pubblicava una previsione di recessione del commercio globale dal 13 al 32% rispetto all’anno precedente. A distanza di qualche mese, la stima fatta da UNCTAD indicava una decrescita degli scambi di merci globali del 5,6% rispetto al 2019. I primi tempi dall’insorgere della pandemia in Cina hanno innestato una crisi del commercio internazionale che poi sembra essere rientrata, ma non senza conseguenze.
Febbraio è stato il mese più nero per le attività industriali in Cina, con una contrazione più acuta di quella verificatasi durante la crisi finanziaria del 2008. Reuters riporta che il rallentamento della produzione di componenti ha inceppato la catena del valore ed è costato 50 miliardi di dollari alle industrie estere.
Tra febbraio e aprile, la diffusione del virus dalla Cina ha fatto sì che molti altri paesi entrassero in lockdown, imponendo ulteriori limitazioni al commercio internazionale e una ancor più forte riduzione della movimentazione dei carichi.
La domanda di container dall’Asia all’Europa, che equivale alla domanda di prodotti finiti dalle fabbriche dell’estremo Oriente, è diminuita del 20-30%. Le tratte di navigazione cancellate (blanked sailings) dalle compagnie marittime, sono cresciute da 45 a 212 nel giro di una settimana in aprile. Le connessioni tra Europa e Asia sono state ridotte addirittura a 4 alla settimana. Si calcola che solo nel commercio dell’abbigliamento, gli importatori europei e statunitensi abbiano cancellato un totale di 16 miliardi di dollari di ordini tra aprile e giugno 2020 ai produttori del Sud Est Asiatico.
Oggi: quali sono le cause della carenza di container attuale
Quando in Cina la produzione è ripresa a pieno regime (nei mesi di maggio e giugno) e il paese è definitivamente uscito dal lockdown, il traffico di merci in uscita è aumentato considerevolmente. Questo ha causato un transito transpacifico di sola andata, principalmente verso il Nord America del 10-20% superiore rispetto al 2019. Hua Joo Tan, un analista del mercato dei trasporti cargo (Liner Research Services) spiega a Reuters che una serie di fattori hanno fatto impennare la domanda di container dalla Cina. Tra questi, la necessità di riassortimento post quarantena, la riduzione dello spazio aereo per il trasporto delle merci e la richiesta esponenziale di dispositivi di protezione individuali (DPI).
L’export cinese a novembre è incrementato del 21,1% (268,1 miliardi di dollari), a fronte di un import cresciuto solamente del 4,5% (192,7 miliardi di dollari) nello stesso periodo. Questo sbilanciamento si è verificato, di conseguenza, anche nei movimenti dei container. Salpati numerosi da porti cinesi come Shanghai, Xiamen, Ningbo, questi sono stati depositati vuoti nei terminal dei porti di destinazione. In molti casi, oggi, i container non riescono ad essere ricaricati per il viaggio di ritorno.
Nel frattempo, i produttori cinesi lamentano scorte di contenitori insufficienti a soddisfare la quantità degli ordini, tariffe aumentate del 300% rispetto a marzo e lunghe liste d’attesa per le prenotazioni. Nonostante le compagnie marittime si siano attivate per riportare indietro container vuoti, sobbarcandosi i costi del trasporto, non riescono a sostenere i ritmi imposti dall’export.
Conclusione
L’attuale situazione di sbilanciamento tra domanda e offerta di container è prevista costante per tutto il primo trimestre del 2021. La Cina, che è il maggior produttore di container al mondo, sta sollecitando le fabbriche ad incrementare la produzione per assicurare una regolarità della logistica per il commercio internazionale.
Ma il punto centrale per sbloccare le shipping lines sembra essere un maggiore equilibrio commerciale. Proprio come un responsabile della logistica cinese ha dichiarato a SCMP: “We still need more imports to ease the containers situation here. The past four months have been just too hectic for all of us. We hope everything can go back to normal soon.”
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Fonti:
- Business Standard
- South China Morning Post
- South China Morning Post
- Supply Chian Dive
- Reuters
- Reuters
- The Loadstar
- The Maritime Executive
Laureata in lingua cinese e management presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, sono appassionata di popolazione e società. Se studiare mandarino è una sfida continua, vivere in Cina e poter interagire con i suoi abitanti è una scoperta quotidiana. Anche di me stessa.