Effetti del Coronavirus sull’economia cinese
Gli effetti del Coronavirus sull’economia cinese sono difficili da quantificare al momento. Le contromisure prese dal governo cinese per limitare il contagio hanno previsto la chiusura di migliaia di fabbriche e la quarantena di più di 700 milioni di persone. L’impatto nel breve e nel medio termine è notevole e coinvolge diversi settori.
SOMMARIO:
- Introduzione
- Blocco produttivo e piccole medie imprese
- Settori maggiormente colpiti
- Mercati finanziari e valute
- Governo e Banche
- Conclusioni
Introduzione
In questo primo trimestre due sono i segnali degli effetti del Coronavirus, più correttamente COVID-19, sull’economia cinese. Il primo è il tasso di inflazione: Trading Economics riporta un aumento dei prezzi del 5,4% a gennaio 2020, rispetto al 4,5% di dicembre.
Il secondo, invece, prevede un ribasso della crescita economica del Paese precedentemente stimata al 6%. Secondo gli economisti, la previsione di crescita complessiva annuale del PIL varierà tra il 5% e il 5,5%. Ciò è dovuto dal calo dei consumi e dal blocco produttivo, risultati in uno shock nella domanda e nell’offerta.
Blocco produttivo e piccole medie imprese
Le severe misure di controllo dell’epidemia, tra cui l’espansione della quarantena su larga scala, hanno ridotto la mobilità dei consumatori e dei lavoratori. Infatti, l’attività industriale è rimasta interamente ferma per i primi giorni di febbraio, influenzando i trasporti, la logistica e altri servizi. Domenica 1 marzo, il 90% delle imprese di Stato e solo il 32,8% delle piccole e medie imprese aveva ripreso le attività.
Proprio queste ultime, che in Cina impiegano l’80% della forza lavoro, sembrano essere i soggetti più colpiti. In particolare, come mostra il sondaggio della Camera di Commercio Italiana in Cina proposto a 188 aziende italiane sul territorio cinese – CICC Survey “The impact of the COVID-19”: Results and Analysis – le piccole imprese sembrano essere quelle più preoccupate dall’impatto che la situazione avrà sul loro fatturato. Tuttavia, lo spirito imprenditoriale è rimasto ottimista: la maggior parte delle aziende intervistate ha dichiarato che tornerà alla normalità entro fine marzo.
Le province più compromesse sono quelle meridionali e lo Hubei, con capoluogo Wuhan, epicentro dell’epidemia. Proprio in questa provincia, il governo ha chiesto di tenere le attività ferme almeno fino al 10 marzo. Costringendo la chiusura di migliaia di fabbriche cinesi e i collegamenti tra molte città, catene di approvvigionamento ormai altamente interconnesse sono state rallentate, colpendo numerosi settori.
Settori maggiormente colpiti
Settore agricolo
Un caso esemplare riguarda il settore agricolo. Durante il mese scorso gli agricoltori erano assenti, milioni di tonnellate di prodotti agricoli deperibili sono rimasti invenduti e la semina delle province orientali è stata compromessa dall’assenza di fertilizzanti, che per il 30% viene prodotta nello Hubei. Ad oggi, una parte delle strade è stata riaperta e alcune società di consegna hanno ripreso il loro business, ma la situazione è ancora lontana da una totale ripresa.
Settore manifatturiero
Anche il settore manifatturiero ha subito un crollo. Il Purchasing Managers Index (PMI) manifatturiero di febbraio, pubblicato dal National Bureau of Statistics, è crollato a 35,7 contro i 50 di gennaio, indicando una contrazione dell’attività. In particolare, il settore auto ha coinvolto l’industria della componentistica automotive cinese bloccando la produzione di diversi gruppi tra cui Volkswagen, Nissan e Honda. Inoltre, Bloomberg afferma che la vendita di automobili è crollata dell’80% a febbraio.
Servizi e vendita al dettaglio
In un’economia come quella cinese, l’epidemia ha colpito in modo profondo anche il settore dei servizi e della vendita al dettaglio. Si parla quindi di turismo, chiusura di strutture pubbliche come ristoranti, cinema e negozi. Starbucks, per esempio, ha chiuso temporaneamente più di 2.000 negozi sul territorio cinese.
Industria del lusso
La situazione non è certamente positiva per l’industria del lusso, specialmente perché i consumatori cinesi rappresentano un terzo della spesa globale in questo mercato. A causa delle restrizioni ai viaggi, le vendite sono calate sia in Cina che all’estero. Mentre è prevista una ripresa per le vendite entro fine anno, il primo trimestre del 2020 sarà un periodo perduto per i brand fortemente esposti al mercato cinese. Adidas ha annunciato che le sue vendite in Cina sono diminuite dell’85% rispetto allo stesso periodo l’anno scorso, a partire dal 25 gennaio fino a metà febbraio.
Alcune aziende stanno riallocando lo stock e i budget di marketing verso altri mercati, come Moncler e il gruppo Kering. Tuttavia, queste azioni risultano complicate per quei brand che fanno ampiamente affidamento sul mercato cinese, come Burberry che totalizza circa il 40% delle vendite proprio in Cina.
Industria dell’healthcare
Boom per le azioni di aziende che operano nel settore sanitario, specie quelle specializzate in prodotti medicali monouso come Shanghai Dragon o l’azienda Tianjin Teda produttrice di mascherine.
Mercati finanziari e valute
Dopo aver generato perdite iniziali assai profonde, la Borsa di Shanghai si è ripresa in poco tempo, tornando oltre i livelli di inizio anno. A febbraio l’indice Shanghai Composite ha perso “solo” il 3,2%, grazie al rally dovuto alle misure economiche varate dal governo di Xi Jinping.
Le Borse straniere invece stanno registrando forti crolli a causa dell’espansione dell’epidemia fuori dai confini cinesi.
Sul fronte valutario, il 21 gennaio, ad inizio epidemia, lo yuan calava bruscamente dai massimi di sei mesi contro il dollaro statunitense. Fino a fine febbraio la valuta ha continuato ad oscillare. Tuttavia, come riporta l’agenzia Reuters, il 2 marzo lo yuan ha recuperato sulla banconota verde rimbalzando al massimo degli ultimi venti giorni.
Se inizialmente il dollaro ha continuato a rafforzarsi, da inizio marzo è stato colpito fortemente a causa dei tagli dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve.
Governo e banche
Per minimizzare gli effetti del Coronavirus sull’economia, Pechino ha ridotto i tassi per prestiti a medio termine e iniettato un ampio flusso di liquidità per 1.200 miliardi di yuan (173,8 miliardi di dollari) sui mercati. Alle banche e ai governi locali è stato ordinato di supportare aziende e individui maggiormente colpiti, concedendo credito ed estendendo le date di pagamento dei prestiti. Queste misure potrebbero aiutare le piccole e medie imprese a rimanere a galla.
Conclusioni
Nonostante questi primi effetti del Coronavirus sull’economia cinese, le previsioni ottimiste indicano una ripresa parziale nel secondo trimestre di quest’anno per la seconda economia mondiale. Molto dipenderà dalla riapertura totale delle attività, dalla fiducia dei consumatori, dalle politiche monetarie di Xi Jinping e dall’effetto globale del virus.
Per chiudere con una nota positiva, tra gli effetti del Coronavirus va anche menzionato l’impatto ambientale in Cina. Infatti, come conseguenza della paralisi produttiva le emissioni sono diminuite del 25% nelle ultime tre settimane di febbraio.
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Fonti:
Appassionata di lingue straniere, in particolare del cinese mandarino. Neolaureata in Lingue, Economie e Istituzioni dell’Asia e dell’Africa Mediterranea curriculum Language and Management to China presso l’università Ca’ Foscari di Venezia.