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I lavoratori migranti cinesi e il divario rurale-urbano

I lavoratori migranti cinesi e il divario rurale-urbano

I lavoratori migranti e la vita nelle metropoli cinesi. Fonte: South China Morning Post.

I lavoratori migranti cinesi sono i protagonisti indiscussi del miracolo economico che ha visto la Terra del Dragone trasformarsi nel motore dell’economia mondiale. Tuttavia, questi sono condannati ad una vita “di seconda categoria” nelle stesse città che hanno costruito con tanto lavoro e sacrificio.

SOMMARIO

Nongmingong: chi sono i lavoratori migranti

Nel 2019, ben 291 milioni di cittadini cinesi hanno lasciato la propria terra per emigrare verso le città e le province più ricche del paese. Ogni anno un esercito silente di fattorini, camerieri e commercianti percorre strade lunghissime per vendere il proprio lavoro nelle sovraffollate metropoli cinesi. Grazie alla sua grande portata, il fenomeno è riconosciuto come la più grande migrazione della storia.

Alcune nozioni introduttive

Protagonisti del celebre esodo, i lavoratori migranti cinesi ad oggi rappresentano un terzo della popolazione urbana e il 36% della forza lavoro del Paese. Il recente sviluppo dell’economia interna ha portato il 43% della popolazione fluttuante, in cinese 流动人口 liúdòng rénkǒu, a trasferirsi nei centri urbani dell’entroterra. Tuttavia, le zone industriali sulla costa restano le mete preferite dai migranti perché centri ricchi di opportunità. Esempi sono le province del Guangdong e dello Zhejiang e le megalopoli come Shanghai e Pechino.

In occasione del Capodanno cinese, milioni di lavoratori fanno ritorno al proprio paese d'origine, dando vita alla più grande migrazione nella storia dell'umanità.

Negli ultimi anni, le politiche di delocalizzazione hanno determinato un calo sostanziale dell’occupazione migrante nei settori secondari, aprendo nuove possibilità nel mondo dei servizi. Infatti, attualmente il 51% dei migranti è impiegato nel settore terziario.

Dal punto di vista demografico, la popolazione migrante si presenta invecchiata rispetto allo scorso decennio, con un’età media di 40 anni circa; un’inadeguata copertura pensionistica spinge sempre più lavoratori a rimandare l’entrata in pensione, in un mercato del lavoro sempre più competitivo.

La Cina deve la sua trasformazione da una delle economie meno performanti del XX secolo alla seconda potenza nel mondo alla manodopera dei suoi migranti. Per pochi yuan al mese, uomini e donne hanno sacrificato la propria vita nel nome della costruzione di un nuovo Stato. I lavoratori migranti cinesi sono stati e continuano ad essere il cuore pulsante di un Paese una volta chiamato “la fabbrica del mondo.” Tuttavia vivono un’esistenza precaria ai margini delle aree metropolitane, dove la possibilità di iniziare una nuova vita resta quasi sempre un sogno irraggiungibile.

Il sistema dello hukou e l’esclusione dalle città

La parola cinese usata per indicare i lavoratori migranti è 农民工 nóngmíngōng, dove nóngmín significa contadino, e gōng lavoratore. Il termine si riferisce appunto a coloro nati nelle zone rurali del paese, ma emigrati verso le aree industriali in cerca di occupazione. L’etimologia della parola riflette accuratamente il ruolo ambivalente del lavoratore migrante, in equilibrio tra la città di destinazione e la terra di origine a cui è legato.

Descrizione ed effetti dello hukou sulla popolazione cinese

L’origine di questa contraddizione giace nell’esistenza del sistema di registrazione familiare cinese, comunemente noto come 户口 hùkǒu. Secondo questo peculiare meccanismo, l’accesso ai diritti civili e legali di ogni cittadino è vincolato al luogo di nascita di quest’ultimo. Nato nei primi anni ’50 su emulazione della Propiska sovietica, lo hukou è un documento fondamentale nella vita di ogni abitante cinese; ancora oggi, resta indispensabile per ottenere l’accesso a istruzione, cure sanitarie, pensione e assicurazione. Tutti questi servizi vengono garantiti esclusivamente nel proprio paese natale, da cui lo hukou viene rilasciato.

Il mancato possesso dello hukou locale costituisce quindi un ostacolo alla libera circolazione della popolazione. Ma non solo. Il sistema cinese ha portato alla creazione di una società diseguale, che nega il diritto all’istruzione e cure mediche a milioni di cittadini. Basti pensare che, nonostante sulla carta l’istruzione sia un diritto garantito, molte scuole pubbliche chiedono ai genitori migranti il pagamento di tasse aggiuntive salatissime. Queste richieste proibitive costringono molti bambini migranti a fare ritorno al proprio villaggio o ad iscriversi in scuole private non riconosciute dal sistema scolastico statale.

Una classe elementare cinese nella provincia del Gansu.

Davanti a queste premesse, è evidente come l’emarginazione istituzionale e sociale generata dal sistema dello hukou abbia influenzato le vite dei migranti cinesi; a causa della loro identità rurale, essi sono percepiti dai loro concittadini come individui senza cultura ed una minaccia alla stabilità collettiva. Esclusione sociale e mancanza di opportunità hanno condannato i migranti alla segregazione di mercato e all’immobilità di classe, in virtù di uno Stato padre di due cittadinanze distinte: urbana e rurale.

L’urbanizzazione incompleta e il divario rurale-urbano

Sin dai primi anni di regime, il governo si è servito di politiche locali e strumenti ad hoc per dirigere i flussi migratori; allo stesso tempo, ha perseguito l’industrializzazione dell’economia, soddisfacendo i propri interessi politici ed economici. Aprendo le porte delle città a frotte di contadini, Pechino si è arricchita sfruttando la manodopera a basso costo proveniente dalle aree rurali. Tuttavia, non si è occupata di riconoscerne lo stato di città e di provvedere al sostentamento dei nuovi arrivati.

Assieme alla mancata urbanizzazione, la crescita esponenziale del divario tra campagna e città è causa e allo stesso tempo conseguenza della “migrazione con caratteristiche cinesi”. Storicamente, l’apparato statale di allocazione delle risorse ha sempre favorito i centri urbani, tutelandone lo sviluppo con investimenti e finanziamenti continui. Il sostentamento delle aree agricole invece, resta per lo più nelle mani dei minori governi locali.

Ne deriva che città come Shanghai e Chongqing dispongono di un sistema di welfare avanzato; qui, ospedali, scuole e uffici pubblici riflettono la posizione di vantaggio rispetto alle circostanze in cui riversano, ad esempio, le umili contee del Gansu. Di fronte a questo scenario, è ormai chiaro come la natura dualistica dell’economia cinese continui ad essere alimentata dalla persistenza dello hukou. Negli ultimi anni, la migrazione guidata non ha fatto altro che condannare le campagne ad una posizione marginale e di sudditanza.

Tentativi di riforma del sistema dello hukou

Proprio per queste ragioni, i detentori di hukou urbano che popolano le fiorenti città cinesi godono di una posizione di prestigio ambita dalla maggioranza. Di fronte alla necessità di urbanizzazione e alla sete di integrazione da parte della comunità migrante, negli anni il governo ha lanciato delle riforme decentralizzate.

Con la promessa di garantire uno sviluppo socioeconomico armonioso, metropoli come Shenzhen e Canton hanno aperto le porte a figure specializzate; alcune città, come Chengdu, hanno addirittura conferito lo status urbano locale in cambio dell’acquisto di un’abitazione. Solo alcuni esempi tra gli interventi promossi da Pechino e gli ufficiali locali. Purtroppo, molto spesso queste riforme hanno favorito gruppi privilegiati, investitori e industriali, una piccola goccia nell’oceano dei lavoratori migranti cinesi.

Conclusioni

L’esistenza del sistema di registrazione familiare e la sua influenza sulla migrazione interna cinese resta ancora oggi una delle questioni più spinose della Cina contemporanea. I leader della RPC si sono serviti di strumenti politici ed economici per governare i flussi migratori assecondando gli interessi del momento. Il risultato è stato la creazione di generazioni di cittadini senza identità, in bilico tra le ristrettezze della campagna e l’incertezza delle città.

Con l’intento di promuovere un’urbanizzazione più umana, nel 2014 Pechino ha lanciato il “Piano nazionale per l’urbanizzazione di nuovo tipo”. L’ultima riforma dello hukou prometteva la cittadinanza urbana a 100 milioni di residenti rurali. Tuttavia, sembrerebbe che il piano tenda a favorire ancora una volta l’entrata di capitali, rimanendo in silenzio di fronte alle richieste della popolazione fluttuante.



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