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Istruzione in Cina: una panoramica generale

Istruzione in Cina: una panoramica generale

Istruzione in Cina

Nonostante gli sforzi perpetrati dal Governo, l’istruzione in Cina non è ancora un diritto alla portata di tutti. Con l’obiettivo di risollevare le aree più emarginate dalla povertà, il Governo cinese ha individuato nell’istruzione la chiave per il successo del proprio Paese.

SOMMARIO

L’istruzione in Cina: alcuni dati

La Cina gode del più grande sistema scolastico statale al mondo. Secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica, nel 2015 il Paese poteva vantare ben 260 milioni di studenti e più di 15 milioni di insegnanti, senza considerare i dati provenienti dalle università. Osservando i numeri più da vicino, è possibile affermare che la Cina abbia raggiunto la quasi totalità delle iscrizioni nella scuola primaria e più del 94% nella scuola secondaria inferiore.

Quella che per molti paesi potrebbe sembrare la normalità, in realtà per una realtà vasta e complessa come la Cina è sicuramente un traguardo degno di nota. Basti pensare che all’alba della RPC soltanto il 20% dei bambini aveva frequentato la scuola elementare e una piccolissima percentuale aveva avuto la possibilità di proseguire gli studi.

Sin dalle riforme di apertura inaugurate da Deng, il Partito ha identificato nell’istruzione e nel sapere scientifico la chiave di volta verso lo sviluppo economico del Paese. A partire dal 1978, il Governo ha intrapreso una serie di riforme volte alla costruzione di un sistema scolastico solido e a debellare il problema dell’analfabetismo. La RPC si trovava quindi a fronteggiare un problema che si trascinava dietro dalla nascita, quando più dell’80% della popolazione, non sapeva né leggere né scrivere. Fu così che nel 1986 Pechino promulgò una legge che estendeva l’istruzione obbligatoria, che sarebbe diventata gratuita nel 2006, a nove anni. Le iniziative e gli investimenti promossi dal Governo del campo dell’istruzione hanno portato ad una visibile inversione di tendenza; secondo l’ultimo censimento nazionale, l’analfabetismo del Paese è sceso al 2,67%.

Come è strutturato il sistema scolastico cinese?

Il sistema scolastico cinese attuale presenta una divisione simile a quella italiana. Dopo la scuola materna, i bambini sono pronti per cominciare la scuola di primo grado, in cinese 小学 xiǎoxué, che li accompagnerà per sei anni. Segue la scuola secondaria di primo grado o 初中 chūzhōng, della durata di tre anni. La scuola media si conclude con il 中考 zhōngkǎo, il cui superamento è requisito fondamentale per accedere all’istruzione superiore. A questo punto, gli studenti scelgono di frequentare istituti professionali oppure addentrarsi in studi scientifici ed umanistici.

L'istruzione in Cina
Immagine scattata durante gli esami di fine corso in una scuola media del Gansu nel 2017.

A conclusione di questi tre anni, milioni di liceali cinesi si confrontano con il temutissimo 高考 Gāokǎo. Il risultato del test, che può essere ripetuto una sola volta all’anno, è la strada obbligata per accedere alle migliori università del Paese; data la difformità tra la disponibilità degli atenei e gli aspiranti universitari, un punteggio basso preclude ogni possibilità di proseguire gli studi. Secondo le statistiche, solo il 40% degli studenti ha superato l’esame con successo nel 2019.

L’importanza degli esami e il concetto di Sùzhì

Da questa prima radiografia è facile intuire come gli esami occupino un ruolo centrale in un sistema scolastico che si distingue nel panorama mondiale per la sua rigidità. La vita scolastica è paragonabile quasi ad un percorso ad ostacoli che richiede allenamento costante e non ammette distrazioni. Di conseguenza, la pressione sociale sui giovani cinesi è altissima, e comincia dalle scuole elementari. Sin da bambini, gli alunni cinesi trascorrono la maggior parte della giornata a scuola. Per di più, i genitori più ambiziosi impegnano i propri figli in attività extrascolastiche, come la musica, lo sport e lezioni di approfondimento, nell’ottica di ottenere riconoscimenti spendibili per entrare in un’ottima scuola o addirittura borse di studio per l’università.

Spinti dal desiderio di vedere i propri figli realizzarsi, i genitori che dispongono delle giuste risorse economiche ambiscono ad un’educazione di primissima “qualità”. La qualità o 素质 sùzhì è un valore molto caro alla cultura del Regno di Mezzo; essa fa riferimento al comportamento, all’istruzione e alle virtù etiche di ogni cittadino ed è sovente specchio di posizioni di leadership nella società. La qualità può e deve essere coltivata attraverso un’educazione a tutto tondo. Pertanto, nella corsa verso la tanto bramata sùzhì, le mamme e i papà cinesi pretendono molto dai propri rampolli. A questo punto, è ovvio come la natura agonistica del sistema scolastico e le pressioni familiari creino un ambiente fortemente competitivo, che molte volte non lascia spazio al gioco o alla riflessione dei più piccoli.

L’educazione non è uguale per tutti

Quanto descritto fino ad ora è la realtà di una parte della Cina, la parte istruita che abita le metropoli e le regioni più prosperose. Sebbene negli ultimi decenni il Paese abbia raggiunto dei risultati strabilianti nella scolarizzazione, persiste tutt’oggi una grande disomogeneità in questo ambito. Infatti, le zone più povere e lontane dai centri urbani vedono sempre più bambini e ragazzi abbandonare la scuola e intraprendere un percorso lavorativo poco professionalizzante. Purtroppo, i dati parlano chiaro: secondo il China Labour Bulletin, solo il 37% degli studenti rurali ha intrapreso gli studi superiori nel 2014; nello stesso anno, solo il 30% dei bambini residenti nelle campagne ha ottenuto il diploma di scuola media.

Le motivazioni che giustificano questi numeri sono disparate. Innanzitutto, una volta terminata la scuola dell’obbligo, poche famiglie sono in grado di sostenere le spese di iscrizione e di mantenimento dei propri figli, che sono costretti a rinunciare agli studi per aiutare i genitori o i nonni nei lavori di campagna. Questione più spinosa è sicuramente l’iniquità dello stanziamento di fondi pubblici tra il governo centrale e le amministrazioni locali. Infatti, seguendo la politica che promuove le eccellenze del Paese, la maggior parte dei finanziamenti nella scuola elementare è riservata alle aree urbane; questo lascia ricadere la spesa dell’educazione primaria sulle spalle delle comunità locali.

In questo sistema di squilibrio fiscale sono coinvolti anche gli insegnanti, per cui lavorare in campagna significherebbe rinunciare a benefit come alloggio, pensione e assistenza sanitaria, garantiti invece da un posto di lavoro in città. Ne consegue che molti preferiscono spostarsi nelle aree urbane, ostacolando inevitabilmente l’avanzamento di milioni di bambini e ragazzi di campagna. Lo stesso meccanismo di allocazione dei fondi viene replicato su larga scala nell’istruzione superiore e universitaria.

L'istruzione in Cina
Il livestreaming come strumento per abbattere il divario rurale-urbano in una scuola dello Yunnan, 2006. Fonte: CGTN.
L’istruzione per i bambini migranti

Nel 2016, il Ministero dell’Istruzione cinese ha dichiarato che circa 2,5 milioni di bambini migranti sono stati tagliati fuori dal sistema pubblico primario e secondario. Come già approfondito in un articolo precedente, il fenomeno migratorio cinese è determinato per molti aspetti dall’esistenza dello hùkǒu, secondo cui l’accesso ai diritti civili di ogni cittadino è vincolato al suo luogo di nascita. Negli anni, il sistema di registrazione familiare ha portato alla dilatazione del gap tra campagna e città e all’inasprimento delle disuguaglianze sociali.

Oggi, nonostante sulla carta l’istruzione di base in Cina sia un diritto garantito dallo Stato, non poche scuole urbane si rifiutano di accogliere i figli dei migranti; molti genitori sono costretti a pagare supplementi salatissimi per assicurare ai propri figli un’istruzione oppure ricorrere a scuole private per migranti. Queste ultime, non essendo riconosciute ufficialmente dal Ministero, restano purtroppo fini a sé stesse. I dati più recenti riflettono una situazione allarmante: lo scorso anno, circa il 20% dei bambini migranti è rimasto escluso dal sistema pubblico.

L’impegno del Governo e la proposta di Shenzhen

Di fronte ad uno scenario così sbilanciato, le autorità hanno intrapreso delle riforme volte a ridurre il divario urbano-rurale nel campo dell’educazione. Con l’obiettivo di promuovere l’immagine di una società più equa, il Governo ha lanciato diversi piani per garantire lo sviluppo dei bambini nelle aree più povere del paese. Gli interventi statali sono mirati principalmente alla riqualificazione dei luoghi scolastici e a supportare le famiglie, come il Free lunch program, che ha coinvolto ben 35 milioni di studenti rurali. Inoltre, nel 2014, la Cina si è impegnata nel primo Piano Nazionale a supporto di 3 milioni di insegnanti, garantendo loro gli stessi benefit dei colleghi di città. Volgendo lo sguardo verso le città, nel 2018, ben 143.404 bambini migranti sono stati immatricolati nelle rispettive città di lavoro delle proprie famiglie.

Nel variegato panorama delle riforme in Cina, una città che ha mantenuto alto il suo spirito pionieristico è Shenzhen, anche nel campo dell’istruzione. Secondo un report pubblicato pochi giorni fa dalle autorità locali, la città avrebbe intenzione di estendere l’istruzione obbligatoria fino alle scuole superiori, offrendo ai suoi piccoli abitanti 12 anni di formazione gratuita. L’importante hub tecnologico crede nell’istruzione come chiave della crescita economica dell’area. Forte delle proprie risorse, la municipalità aveva già investito 10 miliardi di Yuan nell’educazione prescolare e superiore, ottenendo ottimi risultati. Questa proposta si auspica di alleviare le spese scolastiche per migliaia di genitori e ridurre di riflesso il tasso di abbandono nelle aree più bisognose. La speranza delle autorità locali è infatti quella di aprire la strada verso un futuro più equo per tutti i ragazzi del paese e migliorare le condizioni di vita delle aree spesso dimenticate.

Conclusioni

Negli ultimi 70 anni, la Cina ha compiuto passi da gigante nell’istruzione, tanto da ridurre il tasso di analfabetismo ai minimi storici. Lo Stato ha sempre individuato nell’educazione la chiave per lo sviluppo economico cinese. Tuttavia, la mancata scolarizzazione di alcune fasce della popolazione costituisce ancora oggi una delle più grandi contraddizioni in seno al Paese. La speranza dei governi locali e dei cittadini è quella di poter assistere alla riqualificazione reale delle zone più arretrate e periferiche in Cina, e spezzare le catene di quella povertà intra-generazionale grazie alla promozione di un’istruzione gratuita e uguale per tutti.




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