L’apprendimento della lingua come ponte tra culture
L’apprendimento e lo studio di una lingua straniera può rappresentare un ponte tra culture. Insegnare una lingua straniera è un’arte sottile e complessa. Trasmettere nozioni grammaticali è soltanto uno dei tasselli del puzzle, l’insegnamento implica necessariamente trasmettere amore per la conoscenza e voglia di confrontarsi con culture e modus cogitandi diametralmente opposti alla nostra con l’obiettivo di costruire un ponte di comprensione e di dialogo.
La scorsa settimana ho fatto una bella chiacchierata con Roberto Barone. Napoletano di origine ma nel cuore cittadino del mondo, nel corso degli anni Roberto ha potuto completare la sua formazione, accademica e personale, in giro per l’Europa e, ovviamente, in Cina. Attualmente è insegnante di lingua cinese presso la Pacific Language Institute e professore a contratto di lingua e letteratura cinese al SSML Molise (Campobasso). Un lavoro che, come mi ha più volte ribadito, lo appassiona e stimola continuamente dandogli la straordinaria opportunità di confrontarsi continuamente con giovani menti.
Roberto, prima di tutto grazie per la tua disponibilità. Non posso iniziare questa intervista senza prima chiederti delle tue sensazioni circa l’emergenza che stiamo vivendo. Tu sei un insegnante, come hai lavorato in questi mesi? È stato difficile per te e la tua scuola organizzare la didattica a distanza?
Senza ombra di dubbio all’inizio è stato molto difficile ma la necessità, si sa, aguzza l’ingegno. La didattica a distanza ha sicuramente tanti aspetti negativi, tra cui quello di aver aumentato il cosiddetto “divario digitale”, o digital divide per usare un anglicismo molto di moda ultimamente, e questo ha senz’altro creato una disparità sociale in seno alla comunità nazionale degli studenti e delle loro famiglie.
Tuttavia, non bisogna negare che molti studenti sono stati meno stressati per il fatto di non doversi spostare e che i docenti hanno imparato a fare a meno delle fotocopie e a familiarizzare maggiormente con tutti quegli strumenti tecnologici e digitali che stanno cambiando la nostra vita in modo così radicale. Personalmente, come docente, ho imparato ad essere più ordinato nella programmazione e più attento a capire meglio le esigenze di ogni singolo studente.
Ahimè, della scuola in senso “tradizionale” ciò che si è smarrito è la socialità. Un fattore estremamente importante per la crescita degli studenti, non solo in termini scolastici ma anche, e soprattutto, umani.
Parlaci un po’ di te e del tuo background accademico e professionale. Quando la tua prima esperienza in Cina? Da dove nasce la tua passione per una lingua così complessa come il cinese?
Ho iniziato il mio percorso universitario a Napoli per poi proseguire con una laurea magistrale presso l’Università di Cambridge e un dottorato all’Università di Cantabria, nel nord della Spagna.
La mia passione e amore per la Cina invece nasce in ambito domestico. Quando ero piccolo avevo in casa un quadro di Mao Zedong regalato alla mia famiglia nell’epoca in cui gli scritti del presidente Mao venivano letti in tutto l’Occidente per ispirare i gruppi marxisti alla lotta di classe. Guardavo sempre questo quadro, promettendomi che un giorno sarei stato in grado di capire quei strani simboli, i caratteri.
Un giorno, quando avevo all’incirca dodici anni, lessi “Il vecchio scemo rimuove le montagne” e rimasi stregato dal linguaggio semplice ma efficace di Mao. Ero già molto appassionato di lingue e letterature straniere e quando iniziai a frequentare il liceo avevo già letto tante opere di autori cinesi, russi e latinoamericani. A quell’epoca, e sto parlando della fine degli anni ’90, le opere letterarie e artistiche non europee erano etichettate semplicemente come “etniche”, di second’ordine e non comparabili alle opere letterarie di autori italiani e occidentali. Mi sono sempre battuto contro questa mentalità eurocentrica e continuerò a farlo, come sinologo e come lettore.
Per comprendere appieno la è importante anche capirne la lingua, in quanto vero e proprio ponte che media due culture: ma qual è secondo te il miglior approccio per l’apprendimento della lingua cinese?
Quello che consiglio per ogni lingua: ascoltare, parlare, leggere, scrivere. In poche parole, esporsi alla lingua continuamente, ogni giorno. Nessuna delle abilità deve essere tralasciata o trascurata. È anche molto molto importante non sottovalutare l’aspetto culturale mentre si studia una lingua. La lingua, in quanto strumento di comunicazione, è il prodotto di una determinata evoluzione storico-culturale.
Puoi suggerire qualche podcast o risorsa online utile per chi voglia rafforzare le proprie competenze linguistiche?
Quello che consiglio sempre ai miei studenti è di seguire i propri interessi. Oggi come oggi grazie a Spotify, YouTube, i gruppi Facebook e Instagram e le centinaia di app. le occasioni di praticare, e vivere, la lingua sono tantissime. Se ti piace un tema, comincia a ricercare tutto quello che puoi su quell’argomento, usando ovviamente la lingua che si sta studiando. Cerca video su YouTube o su altri social network. Magari all’inizio avrai bisogno dei sottotitoli, oppure di ricercare costantemente parole sul dizionario ma questa è soltanto la fase iniziale, poi tutto inizierà a scorrere più facilmente.
L’apprendimento della lingua è un ponte tra culture in quanto rappresenta un tassello fondamentale per capire la cultura e l’anima di un Paese. Secondo te in questi ultimi anni (e soprattutto negli ultimi mesi) è cambiata la percezione che molti italiani hanno verso il Paese di Mezzo?
Purtroppo c’è ancora un grande pregiudizio nei confronti della Cina. Lo stesso pregiudizio c’è nei confronti di molti paesi dell’America Latina. La gente continua a etichettare tutti i non bianchi come “sporchi” o “arretrati”. Ad esempio America Latina e Cina sono state, e lo sono tuttora, due culture millenarie che gli europei conoscono troppo poco poiché sono entrambe vittime di continue campagne mediatiche caratterizzate da attacchi subdoli e menzogneri. Come diceva Fanon, grande psichiatra e antropologo francese, autore di “Pelle nera, maschere bianche”, l’uomo bianco è profondamente invidioso dei “non-bianchi”.
Cos’è per te le Cina oggi?
È il mio campo di studio e di vita. È un paese che mi ha dato tanto e che ho scelto di comprendere più che posso. Non c’è dubbio che la Cina sia al giorno d’oggi un Paese di centrale importanza sul palcoscenico internazionale e con un enorme peso a livello culturale, geopolitico ed economico. Penso che cercare di capire il Paese di Mezzo sia un imperativo per chiunque.
Potresti dirci un mito da sfatare sulla Cina?
I cinesi mangiano i cani ed i gatti. I cinesi sono tutti uguali. Penso che dovremmo fare un’analisi accurata della nostra società per capire che ci sono abitudini personali, alimentari, culturali e comportamentali molto variegate persino in una singola città, figuriamoci in una nazione estesa come la Cina.
La Cina, lo ha dimostrato, è un paese che sa e vuole cambiare. Come è cambiata la Cina rispetto alla prima volta che l’hai conosciuta? Come la vedi tra dieci anni?
È cambiata tantissimo. In Cina si migliorano tecniche, strategie, modalità d’agire di anno in anno. Qui invece a volte sembra tutto così lento, così farraginoso. Ciò che più mi addolora della mia amata città di Napoli è la sua immobilità.
Qualche secolo fa il filosofo tedesco Johann Gottfried Herder (1744-1803) definì la Cina “una mummia imbalsamata”, ora è l’Europa a dover stare attenta a non essere definita tale dai filosofi cinesi contemporanei.
谢谢你!
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Rocco Forgione, classe 1992. Da sempre amante dei viaggi, della lettura e dell’Asia. Ho conseguito una laurea triennale in Lingue e Mediazione Linguistico-Culturale a Roma e poi una doppia laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università di Torino e la Zhejiang University. Sempre pronto a raccogliere la prossima sfida!