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Shanghai in lockdown: l’esperienza di Flaminia

Shanghai in lockdown: l’esperienza di Flaminia

shanghai in lockdown

Appassionata di Cina, Flaminia nel 2015 lascia la sua amata Roma per andare prima a Pechino e poi a Shanghai, città oggi associata al duro lockdown di cui si parla sui media internazionali. Qui trova la sua dimensione ideale, ma la pandemia e i difficili mesi di isolamento la mettono a dura prova e la convincono che forse è arrivato il momento di salpare verso nuovi porti.

Vecchia compagna di studi dai tempi della triennale (ah, come vola il tempo!) telefono a Flaminia in un tranquillo pomeriggio di inizio giugno. Flaminia, o anche 芈娅, è appena tornata da una passeggiata. Una delle prime dopo essere stata confinata in casa per oltre 65 giorni. Dalla sua voce traspare un grande senso di leggerezza e di stanchezza.

Ciao Flaminia. Parlaci di te, cosa ti aveva affascinato della Cina quando hai iniziato il tuo percorso universitario e cosa ti ha spinto a lasciare casa, a lasciare Mamma Roma, per andare a vivere in Cina?

Il mio legame con la Cina è iniziato nel 2011, quando ho iniziato il mio percorso di studi in lingue e mediazione culturale presso l’Università di Rome Tre. Curiosa e ostinata a voler conoscere ogni aspetto del mercato e della cultura cinese, mi sono successivamente specializzata alla Ca’ Foscari. Qui ho avuto l’opportunità di essere iniziata, per così dire, alla vita lavorativa in Cina grazie al master Global Management for China.

Ma al termine del mio tirocinio di tre mesi in Cina ho capito che volevo e dovevo restare qui, per assaporare la vera Cina, quella più autentica. Così ho fatto domanda e ottenuto una borsa di studio del Governo cinese che mi ha permesso di iscrivermi a un master in commercio internazionale presso la UIBE (University of International Business and Economics) di Pechino. Così ho iniziato la mia nuova vita cinese.

Il percorso di studi era in cinese, così come in cinese sono state la tesi e la discussione. Da un punto di vista universitario e personale questa esperienza è stato un trampolino di lancio; mi ha dato la forza e soprattutto gli strumenti per mettere subito in pratica quello che avevo appreso, incominciando dalle azioni di trading tra l’Italia e la Cina come freelancer.

La velocità con cui sono stata travolta dalla Cina, i suoi colori, la sua cultura così distante ma, a volte, così simile alla nostra, le sue “stranezze” mi hanno reso impossibile lasciare questo Paese.

Cosa ti piace di più del tuo lavoro e della tua vita a Shanghai?

Questa domanda mi è stata fatta numerose volte. La mia risposta, che confesso spesso lascia tutti a bocca aperta, è la libertà. È difficile da immaginare che un paese a partito unico e con un sistema politico totalmente diverso dal nostro ti possa dare un così immenso senso di libertà. Ma in Cina, e soprattutto a Shanghai, ognuno ha la sua libertà di sognare, credere e raggiungere i propri obiettivi. Non ci sono limiti, non ci sono pezzi di carta, non c’è un sistema tributario complesso da dover decifrare.

Le opportunità sono infinite e fin dal primo lavoro puoi ottenere delle belle responsabilità, imparare, lavorare duramente e realizzare i tuoi sogni. La maggior parte delle aziende sono composte da team giovani e la cosa ancora più interessante è che hai l’opportunità di lavorare in un contesto multiculturale. Quindi si lavora e si vive in un ambiente libero dalle barriere culturali e da ogni pregiudizio.

Ma la libertà ha sempre un costo. La vita va alla velocità della luce e devi imparare a tue spese a correre per non esserne travolto. Bisogna dimenticare di avere orari fissi, di potersi permettere delle vacanze più lunghe di 14 giorni l’anno e, soprattutto, caricarsi di tanta sana pazienza per affrontare al meglio tutte quelle situazioni scomode, o difficili, che possono capitare.

Dallo scorso 28 marzo le tue giornate, insieme a quelle di oltre 26 milioni di persone, sono state completamente stravolte dal lockdown imposto su Shanghai dalle autorità locali. Dove hai appreso la notizia dell’inizio del lockdown e cosa hai provato? Ti aspettavi qualcosa di così duraturo?

Il 28 marzo abbiamo avuto la notizia ufficiale dalla municipalità di Shanghai che la città sarebbe entrata in lockdown. Si sarebbero alternati un lockdown di soli 5 giorni prima a Pudong (la parte est della città) dal 28 al 31 marzo e poi a Puxi (la parte ovest) dal 1° al 5 aprile. Si vociferava di un possibile lockdown dell’intera città già da un mese circa, ma le possibilità che avrebbero chiuso il fulcro dell’economia cinese, nonché il principale porto a livello mondiale, erano bassissime.

Nessuno si sarebbe mai aspettato un lockdown lungo ben due mesi. Quando abbiamo capito che non sarebbero stati soltanto 5 giorni, eravamo sicuri che dopo la Festa dei lavoratori del 1 maggio saremmo usciti o che per lo meno avremmo avuto più notizie sull’effettiva durata, ma così non è stato.

In queste settimane sarai sicuramente stata in contatto con familiari e amici qui in Italia. Persone a te care che ogni giorno leggono notizie sul lockdown di Shanghai e sulla politica zero contagi decisa dal Governo. Parlando con loro, pensi che in molti casi la situazione sia stata troppo generalizzata ed esasperata per il pubblico italiano? Noti delle differenze tra come il lockdown viene raccontato, e percepito, dalle news nostrane e come effettivamente è?

In realtà, ho avuto la sensazione contraria. Ho avuto la sensazione che inizialmente in Italia non se ne parlasse, forse perché le notizie sono arrivate troppo tardi o forse perché si aveva l’idea di un lockdown ordinario, come tutti quelli affrontati dal 2020.

Purtroppo questo lockdown si è rivelato il più duro ed il più lungo dall’inizio della pandemia in Cina. Ogni singolo servizio della città dai supermercati, agli ospedali, le banche, i mezzi pubblici e consegne a domicilio sono stati bloccati. Nel momento in cui ho realizzato che veramente non avremmo potuto avere accesso ai beni di prima necessità, o perlomeno con molta difficoltà, è stato uno shock.

Per la prima volta in vita mia mi sono ritrovata a razionare i miei pasti giornalieri, a congelare le verdure per poterle mantenere più a lungo, a limitarmi in alcune giornate ad un pasto al giorno, per la paura di restare con pasta in bianco per giorni o forse settimane.

Ma la paura più grande erano i centri di quarantena. Immense strutture costruite in due giorni dove vieni portato se positivo asintomatico. Essendo centri realizzati per accogliere migliaia di persone, e costruiti in tempi record, non riescono a raggiungere gli standard minimi d’igiene. Soltanto chi è fortunato può essere ospitato in centri dotati di doccia. Personalmente, mi ritengo veramente fortunata di non poter (ancora) raccontare di più su questi centri da incubo.

Ovviamente tutte queste limitazioni hanno enormemente cambiato la tua quotidianità, ma hanno cambiato, e stanno cambiando, anche la tua percezione della Cina?

Mi sono sentita delusa da questo posto che mi ha sempre accolto nel migliore dei modi. Qualcosa si è rotto, e come tutti i vasi che si rompono si possono aggiustare ma mai torneranno ad essere come prima.

Quel che posso dire è che la mia riconoscenza verso la Cina per tutto quello che mi ha insegnato e per tutte le opportunità che mi ha dato rimarrà, nonostante questa “particolare” esperienza.

Francamente, pensi di lasciare Shanghai, la Cina e andare da qualche altra parte?

I miei progetti erano di rimanere a Shanghai per altri due anni con la prospettiva di vedere piano piano un’apertura della Cina al mondo esterno e avere più flessibilità e libertà di movimento, ma questo lockdown ha dimostrato che la Cina è ancora completamente fedele alla sua Zero-covid policy (清零防疫政策).

Questo significa una vita destinata a quarantene, confini chiusi, tamponi ogni 72 ore per poter uscire di casa e paura di poter essere prelevata un giorno che si scopre di essere positivi. Quindi, a malincuore, ho deciso di lasciare la Cina. Prima tappa Mamma Roma dove non torno da due anni.

Immagino sia stata una decisione non facile. La senti una scelta “obbligata”? Conosci altri expat, italiani e non, che hanno già pianificato il loro rientro a casa?

Non direi obbligata, ma certamente condizionata. Ovviamente se il COVID-19 non fosse mai esistito probabilmente sarei rimasta qui ancora per qualche anno. Ma vivere di “se” e di “ma” è inutile. La mia scelta è stata quindi condizionata dalle nuove dinamiche della Cina e per questo sento che è arrivato il momento di andare via. E penso che questa sia la sensazione che molti expat vivono e che li ha spinti a lasciare la città e la Cina.

Attualmente sono iscritta a un gruppo WeChat che riunisce gli expat che stanno lasciando la Cina, gruppo nato per unire le esigenze di ognuno e condividere informazioni utili. Al momento conto 500 membri che lasceranno Shanghai in estate.

Dalla scorsa settimana, esattamente dal 1° giugno, la maggior parte delle restrizioni sono cadute. Inutile chiederti come ti sei sentita, lo posso immaginare: senso di libertà, sollievo, l’allegria di poter passeggiare di nuovo sotto il sole, un ritrovato senso di sana normalità. Sensazioni che anche noi abbiamo provato nel maggio 2020 quando siamo usciti dal primo lockdown in Italia. Ma è davvero la normalità? Come si vive adesso a Shanghai nel nuovo mondo post lockdown?

La parola giusta è commozione! Mi sono commossa quando sono ritornata in ufficio e poi ho potuto rivedere le mie amiche e passeggiare di nuovo tra i bei viali alberati della concessione francese. Ma la normalità è ancora lontana. Per ogni nuovo caso positivo l’intero quartiere viene (nuovamente) chiuso. La maggior parte dei ristoranti è ancora chiusa e la settimana continua a essere regolamentata da continui tamponi per tracciare, e scovare, nuovi possibili casi.

谢谢你!



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