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La nuova Via della Seta in Italia: rischio o opportunità?

La nuova Via della Seta in Italia: rischio o opportunità?

Rapporti Cina-Italia

Lo scorso 23 marzo si è concluso positivamente il viaggio italiano del Presidente Xi Jinping in visita in Italia per formalizzare l’adesione di questa alla nuova Via della Seta. Un piano infrastrutturale che porterà ingenti investimenti e coinvolgerà 67 Paesi tra Asia, Africa e Europa. L’Italia è il primo Paese del G7 a firmare un documento simile, destando preoccupazioni sia a Bruxelles sia a Washington.

La nuova Via della Seta, anche detta Belt and Road Initiative (BRI), è stata lanciata da Xi Jinping nel settembre 2013 in Kazakistan. Si parla di un asse terrestre e marittimo che collegherebbe direttamente la Cina a diverse aree geografiche, dall’Europa all’Indocina. Un progetto ambizioso ma non originale. Infatti, trova le sue origini nella storia dell’impero celeste che sfruttava un reticolo di 8.000 km fra itinerari marittimi, terrestri e fluviali per scambiare merci con l’Impero Romano.

Che cosa prevede la Belt and Road Initiative

La nuova Via della Seta è uno dei più complessi e ingenti piani di investimenti in infrastrutture della storia. Concretamente, ad oggi, sono stati realizzati 1400 progetti per un utile di quasi 260 miliardi EUR.

La Nuova Via della Seta - mappa
China’s Belt and Road Initiative map. Credits: bizvantage360

La BRI toccherà diverse aree geografiche tra Asia, Africa ed Europa che complessivamente coprono il 40% del PIL e il 65% della popolazione mondiale. Infatti i corridoi di terra prioritari sono sei:

  • Cina – Mongolia – Russia,
  • Bangladesh – Cina – Birmania,
  • Indocina – Cina,
  • Cina – Pakistan,
  • Cina – Asia centrale e occidentale (estendendosi anche in Europa),
  • Russia – Cina – Kazakistan.

Insomma, la Cina mira ad estendere la propria influenza ovunque sia possibile attraverso gli investimenti in infrastrutture come strade, ponti, gas dotti e ferrovie ad alta velocità. Non si parla necessariamente di nuove strutture da realizzare, ma piuttosto di una gestione a guida cinese o di un ammodernamento di quelle preesistenti.

La nuova Via della Seta sembra essere un sinonimo di globalizzazione strategica. Tuttavia, i promotori di Pechino presentano la BRI come un progetto che permetterebbe di: sfruttare il potenziale dei mercati euro-asiatici; creare domanda e posti di lavoro; incoraggiare gli scambi accademici. L’idea è di incentivare uno sviluppo sostenibile che prometta una partnership win-win (reciprocamente vantaggiosa) pur rimanendo entro le regole di un’economia globale aperta.

Il rischio: la Cina potrebbe influire negativamente sul mercato europeo

Bruxelles guarda con sospetto la Cina a causa della sua ambiguità retorica in materia di  politica estera e delle ingenti somme di denaro in arrivo. Infatti, se da una parte Pechino rassicura il rispetto delle regole del libero scambio, dall’altra dichiara apertamente nelle linee guida di politica estera di non avere il medesimo interesse nazionale di uno stato europeo o dell’Unione Europea.

Inoltre, sapendo che la Cina è una predatrice di conoscenze tecnologiche, gli investimenti elargiti potrebbero avere lo scopo di catturare il nostro know how tecnologico, oppure di creare gravi debiti conducendoci alla trappola del debito (così come è accaduto per Montenegro e le Maldive che avevano aderito alla BRI).

L’UE è consapevole della posizione ambivalente della Cina. Per questa ragione, in un comunicato ufficiale essa è stata definita un partner negoziale ma anche un competitor economico e “un rivale sistemico che promuove modelli alternativi di governance”. Nonostante ciò, il governo italiano non sembra essere allarmato e, anzi, vede una grande opportunità da poter sfruttare; forti anche del fatto che altri Paesi europei come Germania, Francia e Regno Unito hanno un volume di interscambio commerciale con la Cina nettamente superiore a quello italiano.

Perché la Cina ha firmato il memorandum di intesa proprio con l’Italia

L’Italia non è il primo Paese dell’UE ad avvicinarsi alla Cina. Tuttavia, rappresenta la conquista più eloquente ed importante per Pechino. Dimostra così di avere le strategie giuste per entrare a gamba tesa tra le potenze europee usando l’Italia come passe-partout.

Le ragioni che hanno spinto la Cina a firmare questo documento con l’Italia sono di diversa natura. Una economica, dal momento che l’Italia è la quarta economia dell’Unione Europa (dopo Germania, Regno Unito e Francia), l’ottava nel mondo ed è parte del G7 (il gruppo delle principali democrazie industriali). Una politica, poiché presenta una forte instabilità (dal 2011 ad oggi sono stati cambiati 5 governi) e viene quindi vista come un Paese debole e facilmente manipolabile.

È fatto noto che uno degli obiettivi della Cina sia di esportare la sua tecnologia 5G, ostacolata negli Stati Uniti perché faciliterebbe lo spionaggio. La preoccupazione di Washington – che teme di essere attaccata attraverso i suoi alleati NATO – e di Bruxelles è che l’atteggiamento accomodante dell’Italia possa dare un inizio concreto al piano espansionistico di Pechino in Europa; un piano attraverso cui la Cina andrebbe a investire in settori cruciali come le telecomunicazioni ed esportare la tecnologia 5G in Europa.



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Articolo di Chiara Campanaro originariamente pubblicato il 08/04/2019 qui.

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