Nǚshū: il linguaggio segreto delle donne Yáo
A pochi chilometri dalla contea di Jiāngyǒng, nel sud della provincia cinese dello Húnán, sorge un piccolo villaggio di nome Pǔměi, noto ai visitatori più curiosi come “l’Isola del Nǚshū”. Ed è proprio qui che, tanto tempo fa, nasceva il Nǚshū, conosciuto oggi come l’unico sistema di scrittura femminile al mondo.
SOMMARIO
- Il contesto socioculturale e il significato del Nǚshū
- La composizione e le caratteristiche dei testi
- Le origini e la storia del Nǚshū
- La scoperta e la rinascita della lingua
- Conclusione
Il contesto socioculturale e il significato del Nǚshū
Ancora oggi, la contea di Jiāngyǒng è abitata dall’etnia Yáo, una minoranza etnica di matrice fortemente matriarcale. Popolo di coltivatori ed abili tessitori, per secoli gli Yáo hanno convissuto fianco a fianco degli Han, in un sistema che negava alle donne ogni tipo di autonomia. Secondo la dottrina confuciana, l’identità sociale, lo stato legale e il patrimonio economico di una donna dipendevano imprescindibilmente dal volere dell’uomo di casa. Le donne cinesi erano quindi condannate ad una vita di eterne obbedienza e sopportazione; la pratica di bendare i piedi sin dalla tenera età, ad esempio, aveva lo scopo di limitarne persino la libertà di movimento.
L’arte del ricamo come inizio del Nǔshū
Relegate all’interno delle mura domestiche e senza possibilità di frequentare la scuola, l’unico passatempo concesso alle donne comuni dell’epoca era il ricamo. Oltre che la mera funzione decorativa, l’arte del ricamo era un importantissimo mezzo di socializzazione. Sin da bambine, le donne cinesi si riunivano per esibire le proprie abilità e condividere il proprio talento. Ed era proprio nei cortili dove queste attente ricamatrici si radunavano per tessere insieme che nasceva il Nǚshū. Già da piccolissime, le bambine Yáo osservavano le nonne e le mamme ricamare con cura i caratteri sinuosi tra le pieghe dei vestiti e sui fazzoletti, e intonarne i versi in canti raccolti. Anno dopo anno, nipote dopo nonna, prendeva forma una lingua nuova. Un atto rivoluzionario che permetteva finalmente alle donne di comunicare tra loro, lontane dagli sguardi indiscreti dei “maschi padroni”.
In una società di forte stampo maschilista, il Nǚshū rappresentava per le donne una valvola di sfogo dalle ingiustizie quotidiane e un porto sicuro dove rifugiarsi. All’interno di questa cultura, le donne Yáo ritrovavano sentimenti quali comprensione e affetto reciproco, soprattutto tra sorelle giurate, in cinese 老同 lǎotōng. Di fronte all’esclusività del fenomeno, molti attribuiscono al Nǚshū un carattere di grande segretezza. In realtà, lo scopo della lingua non è mai stato quello di nascondersi. Più semplicemente, gli uomini dell’epoca non provavano nessun interesse verso quei caratteri sconosciuti, poiché incomprensibili e privi di una degna tradizione letteraria.
La composizione e le caratteristiche dei testi
I testi Nǚshū si distinguevano per la forte carica espressiva e la capacità di manifestare le emozioni più profonde, pur avendo a disposizione un numero di caratteri davvero esiguo. La lingua è infatti costruita attorno ad una combinazione di circa 400 ideogrammi, che mescolati danno vita a non più di 1.500 parole, di cui la maggior parte di derivazione cinese. E fu proprio l’abilità delle eredi Yáo di trascrivere il dialetto locale in così pochi caratteri a rendere il Nǚshū una lingua tanto significativa quanto misteriosa. Così come per il cinese classico, i versi venivano composti in colonne dall’alto verso il basso e letti da destra verso sinistra.
Come è possibile notare ammirando le opere che ci sono pervenute, la scrittura Nǚshū si distingue da quella cinese per la sinuosità e la morbidezza delle linee, che appaiono circoscritte in una forma romboidale. Un aspetto assolutamente innovativo di questa scrittura risiede nella sua natura stessa; mentre i caratteri classici sono l’espressione visiva di idee e concetti, gli ideogrammi del Nǔshū identificavano dei suoni. In questo modo, essi si proponevano come un’alternativa più moderna ed intuitiva al sistema classico.
Il contenuto dei canti e i rituali
Le donne Yáo depositavano le proprie composizioni su materiali diversi, tra cui libricini di carta, stoffe, vestiti e addirittura ventagli. Ad esempio, è noto come moltissime donne utilizzassero il ventaglio come supporto epistolare per comunicare; una delle due scriveva il messaggio su una stanghetta del ventaglio per poi inviarlo alla compagna o sorella giurata, che avrebbe risposto su quella successiva per poi rinviarla.
Tra le opere tramandate fino ai giorni nostri in grande quantità ritroviamo sicuramente gli “Scritti del Terzo Giorno”, in cinese 三朝书 Sānzhāoshū. Il libricino interamente tessuto e ricamato a mano raccoglieva i canti e le poesie che le donne del villaggio donavano alla sposa durante la cerimonia di addio, celebrata tre giorni dopo il matrimonio. L’intento delle riflessioni contenute nel libro era quello di rassicurare la sposa novella, alleviare la solitudine del distacco dalla famiglia e dispensare consigli sulle relazioni da tenere con il marito e la futura suocera.
Sebbene molti canti si distinguessero per il loro contenuto sofferto e malinconico, in realtà la letteratura del Nǚshū ricopriva qualsiasi aspetto della vita privata e sociale delle donne. Infatti, non è insolito imbattersi in versi che decantano le bellezze dei paesaggi di campagna o un raccolto particolarmente abbondante. Di fronte alla ricchezza dei temi protagonisti delle opere, è evidente come il Nǚshū non sia stato soltanto una finestra su un mondo tutto femminile, ma un vero e proprio fenomeno culturale. È sbagliato guardare al Nǚshū come un semplice sistema di scrittura, in quanto se ne perderebbe il vero significato. Ciò che gli ha permesso di essere tramandato nei secoli è la forza dei suoi rapporti umani, i legami, le tradizioni e i costumi con cui le donne del posto si sono identificate.
Le origini e la storia del Nǚshū
Le origini del Nǚshū restano ancora oggi avvolte in un alone di mistero. La difficoltà incontrata dagli studiosi è dovuta principalmente all’irreperibilità delle fonti: usanza voleva che gli scritti appartenuti ad una donna venissero bruciati al momento della sua morte. Inoltre, moltissimi tra strumenti e testimonianze andarono persi nei moti turbolenti che travolsero il Paese il secolo scorso. Anche se alcuni concepiscono la lingua come un’espressione di derivazione antica, l’ipotesi prevalente ci porta a collocarne la genesi tra la fine dei Míng (1368-1644) e gli inizi della dinastia Qīng (1644-1912).
Fino agli inizi del 1900, il Nǚshū aveva significato per molte donne e ragazze un’alternativa e una rivincita nei confronti di una società in cui la scolarizzazione femminile era privilegio di pochissime elette. Con lo sgretolamento del sistema feudale e i movimenti antimperialisti, le donne cinesi iniziarono a frequentare per la prima volta le scuole. Più il numero delle donne istruite cresceva, più la disparità tra i sessi si ammorbidiva, seppur molto lentamente. In questo contesto, il Nǚshū non fu più il solo strumento per avere una voce e perse così il fascino che l’aveva contraddistinto dalla nascita.
Con l’ascesa del regime comunista e l’avvento della Rivoluzione Culturale, la cultura del Nǚshū venne bollata come uno dei “quattro vecchiumi” e bandita dalla contea. Moltissime opere vennero distrutte e tante donne Yáo vennero accusate di stregoneria e condannate. Spaventate dalle ripercussioni da parte dei Quadri di Partito, molte anziane smisero di praticare e di insegnare la lingua, che cadde così nel dimenticatoio.
La scoperta e la rinascita della lingua
Nel 1982, uno studioso di nome Gōng Zhébīng 宫哲兵, incuriosito da un racconto che parlava di una “lingua delle donne”, si recò personalmente nella contea di Jiāngyǒng. La ricerca non si rivelò affatto semplice: la Rivoluzione aveva aperto una ferita indelebile nell’anima degli abitanti locali, che erano piuttosto restii a parlarne apertamente. Tuttavia, grazie alla perseveranza di studiosi come Gōng e alla preziosa collaborazione della comunità del posto, il Nǚshū è stato finalmente riportato alla vita ed è diventato motivo di fascino per la società contemporanea cinese.
Negli ultimi tempi, la preservazione della cultura è diventata un tema centrale dell’agenda dell’amministrazione locale. A partire dagli anni ’90, la lingua ha ricevuto numerosi riconoscimenti ufficiali, tra cui la nomina a bene parte del Patrimonio culturale immateriale UNESCO nel 2008.
Il 2002 segna sicuramente un traguardo nel progetto di salvaguardia della lingua, in quanto vede l’inaugurazione del “Villaggio Culturale del Nǚshū” 女书文化村 Nǔshū Wénhuā Cūn a Pǔměi. Il villaggio ospita un museo dove poter immergersi nei ricordi di quest’antica cultura. Qui è possibile ammirare le testimonianze delle generazioni passate, dipinti e video che raccontano della lingua delle donne. Visitare gli spazi espositivi non è l’unico modo con cui conoscere la cultura Nǚshū. Uno degli aspetti più interessanti del villaggio è la fondazione di una scuola, dove le ragazze possono apprendere l’arte della scrittura e del canto.
Se da un lato l’insegnamento della lingua è un modo per mantenere viva la tradizione, dall’altro è sicuramente uno strumento che permette a molte donne di inserirsi nella vita economica della contea. Infatti, Pǔměi è diventata una meta turistica per molti cinesi curiosi, che osservano e ascoltano incantati le opere e i canti delle donne Yáo.
Conclusione
Nato come finestra segreta su un universo interamente femminile, il Nǚshū ha significato per moltissime donne un rifugio dalle difficoltà quotidiane. Dipingendo e ricamando quei caratteri eleganti e raffinati, le eredi Yáo hanno avuto la possibilità di donare una voce ai propri sentimenti e drammi personali. Grazie al Nǚshū, le donne della comunità sono riuscite a coltivare uno spazio sicuro dove potersi sentire complici e consapevoli di non essere sole.
Oggi le donne di Jiāngyǒng non hanno più bisogno di un linguaggio segreto per esprimersi e possono scegliere liberamente il loro futuro e l’uomo che sposeranno. Tuttavia, il Nǚshū continua ad essere celebrato dai suoi abitanti come simbolo di resistenza femminile e patrimonio inestimabile.
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Fonti:
Appassionata di cinema e letteratura cinese, credo nell’importanza di vivere la lingua come opportunità di scambio con l’altro e chiave di lettura delle bellezze del nostro mondo. Sono specializzata in lingua cinese e management presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e mi interesso di cultura e società della Cina contemporanea.