Cina e ONU: un anniversario presente che guarda al futuro
Dopo 49 anni all’interno delle Nazioni Unite, il ruolo della Cina come membro dell’ONU è cresciuto enormemente, in un breve lasso di tempo. Estromesso in passato e sempre più protagonista nel presente, il paese punta anche sull’ONU per attuare la sua visione di futuro.
SOMMARIO:
- Cina e ONU, un sodalizio più lungo di quanto si pensi
- Un ingresso travagliato
- La RPC nell’ONU oggi
- Povertà, educazione e agricoltura: l’Agenda 2030 della Cina
- Conclusione
Cina e ONU, un sodalizio più lungo di quanto si pensi
Fu nell’arco di un mese, dal 25 ottobre al 23 novembre del 1971, che il lungo e travagliato processo di ingresso della Repubblica Popolare Cinese (RPC) nell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ebbe finalmente una realizzazione. Quest’anno, perciò, si celebra il 49esimo anniversario di un sodalizio avviato da premesse ben più lontane nel tempo.
Bisogna tornare alle origini della composizione stessa dell’ONU, nel 1942. Allora, la Repubblica Cinese fu uno dei primi firmatari della Dichiarazione delle Nazioni Unite, insieme a Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna. Poco dopo, altri 22 paesi si impegnarono a firmare questo primo, fondamentale progetto di cooperazione internazionale. Nel 1945, Il trattato fu firmato da 55 paesi e successivamente ratificato dai cosiddetti “big five”: Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna, Francia e proprio la Cina.
Un ingresso travagliato
Nonostante il suo peso determinante nel dare origine all’ONU, la Cina continentale non ebbe una sua rappresentanza nel Palazzo di Vetro per ben 22 anni. Il seggio rimase infatti alla Repubblica Cinese, rappresentando il governo nazionalista che ripiegò a Taiwan dopo la vittoria del PCC nel 1949. Il nodo della questione non consisteva tanto nell’ammettere anche la RPC nel consiglio dell’ONU – decisione logica vista la vastità e la grande popolazione della “mainland China” – ma nel conferire la legittimità di sedere in rappresentanza della Cina a Pechino e non a Taipei.
Dopo vent’anni di ostruzionismo statunitense, motivato dallo scoppio della guerra di Corea (1950-1953), l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite firmò la Risoluzione 2758 che finalmente riconosceva i rappresentanti della Repubblica Popolare come gli unici legittimi portavoce della Cina nell’organizzazione.
La RPC nell’ONU oggi
Da circa vent’anni, la RPC sta portando avanti una vera e propria corsa ai vertici delle organizzazioni internazionali. Attualmente la Cina detiene ben nove tra dipartimenti e organizzazioni dell’ONU; ha incrementato la sua quota di contributo al bilancio fino al 12% (2020); è membro del Consiglio di Sicurezza con potere di veto; e, infine, è paese leader del Gruppo dei 77, che include 135 paesi in via di sviluppo.
L’attenzione sulla scalata cinese agli organismi internazionali, e specialmente alle Nazioni Unite, è cresciuta soltanto di recente, con la polemica innescata da Donald Trump nei confronti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel contesto della pandemia di Covid-19. Tuttavia, l’approccio cinese alla cooperazione internazionale è chiaramente guidato dall’ambizione di Xi Jinping di perseguire una strategia di politica estera decisa. Essa prevede che Pechino si posizioni come l’artefice e il garante di un nuovo sistema di governance globale.
Povertà, educazione e agricoltura: l’Agenda 2030 della Cina
Oltre ad essere sempre più integrata nelle gerarchie ONU, la Cina abbraccia con considerevole impegno anche il programma più importante dell’organizzazione: l’Agenda 2030. In particolare, rispetto ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) promossi dalle Nazioni Unite, il premier Li Keqiang ha presentato un piano nazionale di implementazione durante la 71esima Assemblea Generale dell’ONU, nel settembre 2016.
A che punto è oggi il paese nel raggiungimento di questi obiettivi, in particolare per quanto riguarda povertà, educazione e agricoltura?
Nel 2019, il Ministero degli Affari Esteri della RPC ha stilato un report circa i progressi fatti dal 2016 per il raggiungimento degli SDGs. Da questo documento risulta che, per quanto riguarda il primo obiettivo, cioè l’eliminazione della povertà, la Cina ha ottenuto importanti risultati. La popolazione rurale sotto la soglia di povertà è decresciuta da 55,75 milioni di persone a 16,6 e il reddito disponibile pro capite per questa fascia è salito da 7.635 a 10.371 RMB.
Il secondo obiettivo, che riguarda la sicurezza alimentare e l’agricoltura sostenibile, vede la Cina impegnata nell’aumento della sua produzione di cereali fino a 450 kg pro capite e, parallelamente, nella riduzione di fertilizzanti chimici e pesticidi.
Infine, la Cina sta lavorando per raggiungere il quarto obiettivo ONU: fornire un’educazione di qualità equa e inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti. Dal 2013 al 2018, il governo ha investito 169,9 miliardi di RMB per costruire e rinnovare scuole nelle aree più svantaggiate del paese. Esso si è inoltre posto lo scopo di finanziare 120.000 corsi di formazione e 150.000 borse di studio in paesi in via di sviluppo entro il 2020.
Conclusione
Dall’essere esclusa dall’organizzazione per motivi geopolitici, la Cina è arrivata a ritagliarsi un ruolo sempre più da protagonista all’interno delle Nazioni Unite, attirando gli sguardi di paesi tradizionalmente più influenti. Allo stesso tempo, Pechino sembra aver preso sul serio il più importante e ambizioso progetto ONU, l’Agenda 2030, tantoché ha incluso gli obbiettivi di sviluppo sostenibile nel 13esimo piano quinquennale (2016-2020) e ha riportato alla comunità internazionale risultati significativi.
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FONTI
- aics.gov.it
- Chinapower
- Foreign Ministry of the PRC
- ISPI (10/04/2020)
- ISPI (27/09/2019)
- OECD
- SDG Knowledge Hub
- SupChina
Laureata in lingua cinese e management presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, sono appassionata di popolazione e società. Se studiare mandarino è una sfida continua, vivere in Cina e poter interagire con i suoi abitanti è una scoperta quotidiana. Anche di me stessa.